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Alzheimer storico

Posted by Max on 11:29
Approfitto dell'articolo di Luciano Gallino su Repubblica di oggi per commentare a mia volta.

Siamo in periodo di vacanze, ma ormai sappiamo tutti di essere in attesa di settembre per capire non tanto se disastro ci sarà, bensì quali ne saranno le proporzioni. Il lavoro scarseggia, le banche hanno volentieri incassato gli aiuti statali ma non concedono credito, resta da capire quante saranno le aziende che non riapriranno dopo le vacanze e contare i morti, ovvero i licenziati. Con le banche che, pur avendo acchiappato ben volentieri gli aiuti statali, ancora non allargano i cordoni del credito; con il tessuto produttivo costituito per oltre il 95% da piccole e medie imprese che di quel credito hanno bisogno come dell'aria che respiriamo; con una sedicente classe imprenditoriale cresciuta nella cultura della speculazione piuttosto che della produzione e sullo scarico del rischio imprenditoriale sulle spalle di chi lavora, prima o poi il risultato non poteva essere che questo. Inutile dire "è la crisi". Le crisi non nascono dal nulla, hanno origini ben precise, andrebbero prevenute e se proprio non ci si riesce vanno curate, né più e né meno che come una malattia.

Se andiamo dal dottore, la prima cosa che ci dirà sarà che non basta curare i sintomi, bensì bisogna rimuovere le cause dell'insorgenza. Se siamo troppo grassi, ad esempio, ci dirà che la liposuzione non è la soluzione poiché si limita a rimuovere l'effetto. Ma se continuiamo a mantenere una dieta sbagliata, tornare ad essere obesi sarà solo questione di tempo. Rimanendo nell'esempio, la condizione primaria e insostituibile per rimuovere le cause di una malattia è la presa di coscienza di avere un problema e non nascondersi più il fatto di avere un'abitudine alimentare scorretta. Insomma bisogna ammettere a - di alimentarci in modo scorretto, b - che quell'alimentazione è alla base della nostra obesità, e c - che quell'obesità ci crea attualmente una perdita di forma ma a lungo andare anche problemi cardiaci e quindi mortali. Qui le ideologie servono solo a farsi del male. Avevo un collega di lavoro americano che, per una questione tutta ideologica, si rifiutava di ammettere che una dieta basata sulla assidua frequentazione di McDonald's rappresentasse un problema alimentare e di salute. Raggiunto un certo peso, coi rotolini dell'amore giunti a dimensione di salvagenti del Titanic ha dovuto suo malgrado convincersi che la sua posizione ideologica andava rivista o, meglio, abbandonata. Non è diverso da quanto accaduto negli Stati Uniti quando, alcuni mesi or sono, vasta parte dei componenti repubblicani del congresso ha convenuto sulla necessità di concedere aiuti statali alle banche per evitarne il fallimento. Solo uno sparuto gruppo di falchi oltranzisti rimase dell'opinione che se il mercato decretava il fallimento di una banca, ebbene questo non poteva essere impedito pena il distacco dall'ideologia del mercato autoregolante e la discesa negli inferi del socialismo. Una posizione che rammenta molto da vicino l'atteggiamento dei testimoni di Geova nei confronti delle trasfusioni di sangue, o quelle degli adepti di scientology riguardo al riconoscimento di malattie quali l'autismo.

La posizione ideologica di fronte a una esperienza dannosa ai limiti della mortalità è il peggior atteggiamento che si possa assumere. Certo, una volta che il corpo è morto perché non abbiamo saputo, o meglio voluto, aiutarlo, il problema è comunque risolto. Tutto sta a decidere se la priorità è salvare l'ideologia oppure il paziente. Se per noi la vita va intesa come un continuo aggiustamento di tiro con lo scopo di cercare di star meglio, oppure se va intesa come la intendeva Magda Goebbels, che avvelenò i suoi figli pur di non farli vivere in un mondo senza nazismo.

Qui bisognava svegliarsi molto tempo fa. La cosiddetta deregulation proveniente dagli Stati Uniti di Reagan e proposta veementemente in Italia da Craxi (quello stesso che viene definito come innovatore e arguto lettore della realtà in cambiamento da quell'imbecille di Veltroni) è quell'impronta ideologica che ha cominciato sfasciando la scala mobile, ovvero l'adeguamento automatico dei salari al tasso d'inflazione. Per proseguire con la dismissione o privatizzazione di aziende pubbliche vitali per il Paese. Con conseguenti esternalizzazioni, il cappio del precariato inteso come flessibilità, e in conclusione la rottura di patti sociali sui quali era stata costruita la repubblica.

Tutto per un concetto di liberismo, o capitalismo senza regole, che - si teorizzava - avrebbe regolato se stesso da sé con la domanda e l'offerta. Quello che non si è capito è che laddove una qualsiasi struttura si muove senza regole, tutto si tramuta in una giungla, in un far west in cui è il più forte e il più veloce a dettar legge, a scapito di tutti gli altri. In conclusione, le regole continuano ad esserci: quello che cambia è lo scopo ultimo. In un mercato con regole, lo scopo è quello di far star meglio tutti. In un mercato senza regole (statali), si concede libertà di prosperare a un numero esiguo e sempre più limitato di personaggi, a scapito di un numero sempre più vasto di persone, interi settori sociali. Ecco la forbice che si allarga, e ne sentiamo parlare da almeno 3 lustri.

Allora quando parliamo di questa crisi bisogna evitare di nasconderci dietro alle foglie di fico.
È il liberismo, più che la globalizzazione che ne è una diretta conseguenza, alla base del dramma mondiale di oggi.
Se un manipolo di banchieri senza scrupoli ha avuto mani libere per avvelenare il mercato, la causa risiede nella mancanza di regole, quelle che quel delinquente di De Michelis definiva "lacci e lacciuoli" dai quali andava liberata l'economia. Ad alcuni ha fatto comodo, ma alla stragrande maggioranza questo ha creato un danno irreparabile oggi e per generazioni a venire.

Ci sono comunque responsabilità condivise in molti livelli. Il liberismo sfrenato è sembrata una soluzione ottimale a un gran numero di padroni e padroncini, dei quali è costituito il 95% del tessuto produttivo italiano, per liberarsi progressivamente di quel "dolore al culo" (per usare un'espressione americana) costituito dai sindacati. Flessibilità la parola d'ordine, ovvero la possibilità di licenziare a piacere. Ma quale goduria non dover più interagire con qualcuno che, sottoposto e pagato, può dirti "così non si fa, non puoi fare così"! Poter buttare fuori dall'azienda qualcuno solo perché osa contraddirti - non importa se la critica è intesa magari come costruttiva - o perché semplicemente ti sei svegliato male e non vuoi più vedere la faccia del primo dipendente che hai incontrato.

Bella cosa la flessibilità: lasci oggi un posto di lavoro e domani ne trovi un altro. Sembra il paradiso in terra. Ma - di nuovo - senza posizioni ideologiche di mezzo bisogna aprire gli occhi e rendersi conto, come dice giustamente anche Gallino nel suo articolo, che questa favola non funziona neppure negli Stati Uniti, figuriamoci in Italia.

E allora parliamo di questo paradiso terrestre che si chiama Stati Uniti. Un paradiso terrestre del liberismo che paga il prezzo del 20% della popolazione senza alcuna assistenza sanitaria. Forse per apprezzarlo bisogna avere appunto un'atteggiamento del tutto ideologico oppure, anzi in combinata, far parte di quel ristretto numero di persone che a fronte di circa 50 milioni di poveri assoluti può invece permettersi qualsiasi cura, non importa quanto costosa. Sarà, forse, il paese delle opportunità. O lo sarà stato in passato. Ma di certo sottosta a una forma di darwinismo sociale che in Europa abbiamo giá visto spinto alle più estreme conseguenze. Il forte (ricco) prospera, il debole (povero) si estingue. E se non si estingue da sé lo estinguiamo noi. Quando raccontavo a un'amica americana delle contraddizioni viste a Cuba l'anno scorso, degli slums poverissimi (anche se non a livello di quelli brasiliani o africani), mostravo le foto e mi rispondeva: "la cosa triste è che non occorre andare a Cuba per vedere queste scene, basta andare in molti sobborghi di città americane". Eccolo, il paradiso liberista. Ecco l'ipocrisia basata sull'ideologia per cui gli Stati Uniti più che essere devono essere il paradiso della democrazia e del benessere, delle opportunità, e - per esempio - Cuba deve essere considerata una dittatura crudele. Propaganda, niente altro che propaganda. Tanto che a far da contraltare alla mia onesta amica americana, ci sono i cubani che vengono di qua ammaliati dall'abbondanza, dalla ricchezza... credono loro. In realtà semplicemente accecati dal sogno di trovare il supermercato pieno di ogni genere. Senza considerare il prezzo, e non solo di quello attaccato al cartellino della merce. Arrivano, abituati al lento ritmo di vita della loro isola e del loro modo di vivere, e vedono a quale ritmo ci massacriamo per poter entrare in quel supermercato e caricare il carrello. Capiscono il motivo per cui infarti e ictus sono cause primarie di decesso. E alla fine non sono pochi quelli che dicono che siamo matti e decidono di tornare a Cuba.

Flessibilità significa precarietà. Significa compressione dei salari e del potere d'acquisto. Significa non riuscire ad affrontare non solo l'acquisto di una casa (si può vivere benissimo anche in un appartamento) ma neppure poter fare progetti per sposarsi e avere figli, che vanno mantenuti e costano un patrimonio. Significa vivere alla giornata, e quando si trova un lavoro malpagato essere costretti a subire tutto ciò che la luna del datore di lavoro gli suggerisce. Di fatto un progressivo ritorno alla schiavitù.

Perché stupirsi dunque dell'atteggiamento della proprietà della Innse? Quello che sta facendo il proprietario non è concettualmente diverso da chi specula in borsa, o dal fatto di poter acquisire un'azienda importante come la Telecom con una frazione percentuale, senza un progetto d'impresa e senza capitali, spolpandola e arrivando in conclusione a offrire servizi peggiori e mettendo sul lastrico tanto schiere di lavoratori quanto di piccoli risparmiatori che investono e vedono ridursi il valore di quanto da loro acquistato.

Infine non è diverso da quella mentalità per cui siamo ricchi perché tutti abbiamo un telefonino o un'automobile, perché è più importante produrre e vendere che rispettare la vita e l'ambiente. Se non facciamo in modo di rispettare questo, perché dovremmo stupirci se poi non viene rispettato il lavoro, la dignità di chi lavora?

Non abbiamo ancora visto niente. C'è ancora grasso sufficiente da spremere perché in tanti siano convinti che "passerà", senza rendersi conto che oggi stiamo spendendo quanto accumulato ieri dai padri. Che faremo quando anche quelle risorse saranno esaurite? È la generazione dei "ni-ni", come la chiamano in Spagna. Né studiare (perché il titolo di studio non apre alcuna porta per un lavoro stabile e pagato decentemente) né lavorare (perché lavoro non ce n'è). Pessimismo o realismo? Intanto si vive di qualche sussidio o dell'aiuto di mamma e papà. O con la pensione dei nonni. Le proteste studentesche di qualche mese fa dicevano o urlavano chiaramente: la crisi non l'abbiamo creata noi, non aspettatevi che la paghiamo noi. Dovrebbero forse pagarla i pensionati che hanno lavorato (e pagato) per una vita con la promessa di una vecchiaia tranquilla? Dovrebbero pagarla operai che non hanno altra colpa se non quella di aver lavorato? Dovrebbero pagarla allora i contadini, costretti dalla grande distribuzione a vendere i loro prodotti sottocosto? Vedremo in scena la guerra dei poveri, o dei trombati. Contadini contro operai? Vecchi contro giovani? Uomini contro donne? Al momento vediamo di peggio, ovvero un gran numero di appartenenti a questa o quella categoria, classe, o genere che - invece di indirizzare correttamente la loro frustrazione e la loro rabbia - finiscono col cercare rifugio laddove il problema si crea, non dove si risolve.

Non c'è da stupirsi, e forse è arrivato il momento di non scandalizzarsi neppure, perché scandalizzarsi è un dispendio di energie, una catarsi, una canalizzazione sbagliata del rifiuto, e prima o poi - l'Italia lo dimostra - a forza di scandalizzarsi ci si assuefa.

Bisogna rendersi conto che è finita, chiudere col liberismo e coi loro ideologi. Non basta lamentarsi, non basta scandalizzarsi. Bisogna avere il coraggio di tornare in piazza, gridare e imporre che la solidarietà sociale non è un bene disponibile. Le banche vanno aiutate? E allora che lo Stato abbia il diritto (e anche il dovere) di supervisionare! Non come dice la Marcegaglia - degno prodotto di questo sistema marcio - "ben vengano gli aiuti alle banche, ma subito dopo lo Stato faccia un passo indietro". È come se io andassi in una delle sue aziende e le dicessi "assumi per cortesia una decina di dipendenti, ma un attimo dopo tirati in là e non controllare se fanno il loro lavoro oppure no". Basta conflitti di interesse e interessi privati in affari pubblici. Basta scatole cinesi e basta assenza di regole, che aprono solo la strada all'ingordigia criminale. E basta anche coi finti garantisti: chi infrange la legge va perseguito, a cominciare da chi sta in alto. Altro che puttanieri in cima al governo.

In ogni caso, finché gli operai inchiappettati e in cima a una gru non trovano di meglio che chiedere aiuto a Berlusconi, vuol dire che la lezione non è stata capita. Correre in braccio al piduista per salvare la democrazia? Rivolgersi alla mafia per ottenere giustizia? Chiedere aiuto a Berlusconi per impedire che un proprietario senza scrupoli venda per ottenere una plusvalenza speculativa? O considerare l'immigrato come il pericolo e votare Lega... ah certo, tutto già visto. Anche i tedeschi votarono per i nazisti che urlavano al pericolo degli ebrei, dei comunisti, dei nemici interni ed esterni con le sanzioni, le riparazioni di guerra. Ma a scatenare la prima guerra mondiale non furono gli ebrei, bensì le élite al comando di potenze in espansione industriale alla ricerca di materie prime e mercati, in una corsa avida e senza scrupoli. Suona familiare? Guerra, danni da ripagare, crisi mondiale e infine balle colossali che la gente si beve perché è più facile credere che gli ebrei (o gli immigrati, o qualsiasi altro gruppo sociale) siano responsabili di qualcosa di tremendo mentre la verità era che il conflitto sociale e una risposta violenta servivano a una minoranza per fare soldi e acquisire potere illimitato.

La memoria si perde, l'ignoranza trionfa, la storia si ripete.

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Compagnia poco piacevole

Posted by Max on 19:45
Il tinnitus ha ricominciato a rompere di nuovo. Brutto compagno di viaggio. Avrei bisogno di ferie vere.

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Di mattina

Posted by Max on 09:32
Adoro il profumo della campagna nelle mattine d'estate

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Sedicenti manager

Posted by Max on 22:30
Lunedì scorso tutto il mio gruppo è stato chiamato da uno dei sedicenti "top-manager" dell'azienda per comunicazioni. Il fine settimana precedente, infatti, tutti i sedicenti "top-manager" si erano riuniti per analizzare la situazione e prendere decisioni.

Lo sanno tutti che quando i "top-manager" si riuniscono non finiscono mai col decidere gratifiche, bonus, premi, promozioni. Almeno nell'azienda dove lavoro io (da oltre 11 anni). Solitamente sono cazzi che volano bassi, ma dato che hanno già cercato di licenziarmi lo scorso gennaio e non ho nulla da perdere, lunedì si annunciava un gran divertimento. Che puntualmente c'è stato.

Le cosiddette comunicazioni, in buona sostanza, si sono ridotte a una vaga enunciazione di cifre, tutte negative e ovviamente non riscontrabili. Perdite per un milione di euro due mesi fa, perdite per mezzo milione di euro il mese scorso. Il magazzino è troppo alto, va ridotto entro fine anno al valore di dieci milioni di euro. Poi l'annuncio del diluvio: se non si corregge qualcosa, entro un anno l'azienda non esisterà più. Infine le pressanti richieste da parte di banche e investitori. E allora eccole queste richieste e queste correzioni. Nessuna nuova assunzione, niente tredicesima, e poi - reggersi forte - rinuncia al 10 percento del salario, individuazione degli "incapaci" e conseguente licenziamento.

Domanda: siamo qui per ricevere comunicazioni o anche per discuterle? Risposta: solo per ricevere comunicazioni.
Domanda: non ci avete già provato un paio d'anni fa, addirittura in termini più aspri (riduzione del 20 percento degli stipendi), senza riuscirci? Risposta: eh sì sì, ma oggi c'è la crisi...
Domanda: queste banche che pretendono tagli e licenziamenti sono per caso le stesse che fanno male il loro lavoro, chiedono aiuti allo Stato (ma senza volersi far controllare o supervisionare dallo stesso), poi non concedono il credito e determinano la crisi nella quale anneghiamo? Risposta: eh sì sì, lo sappiamo che il sistema è marcio, ma noi dobbiamo reagire... (non detto, reagire non contro di loro ma facendo come vogliono loro: grande reazione!).
Domanda: si rende conto che se decidete di licenziare gente, dovrete presentare il cosiddetto "piano sociale", seguendo leggi e regole ben precise? Ovvero non potete licenziare seguendo il criterio della presunta incapacità? Risposta: dobbiamo assolutamente disfarci degli incapaci altrimenti fra un anno l'azienda salta.
Domanda: Lei sa che a gennaio scorso avete tentato di licenziarmi con queste stesse motivazioni, e io rappresento l'esempio vivente del fatto che quei criteri forse vanno bene negli Stati Uniti, ma in Europa le cose sono diverse? Risposta: se non licenziamo, fra un anno non ci siamo più.

Cosa si può dire? C'è un proprietario che subisce (o più probabilmente si inventa) pressioni da parte di malfattori travestiti da banchieri e da investitori ingordi. Che dimentica che se l'azienda è cresciuta da un sottoscala alle dimensioni di oggi è anche grazie agli impiegati che oggi si vorrebbe scomparissero. E in ogni caso che non permette a nessuno di verificare i dati che propone. Insomma dovremmo avere fiducia pronta, cieca ed assoluta. Un assegno in bianco. Poi c'è un numero di sedicenti manager che teoricamente dovrebbero non solo dirigere le operazioni commerciali, ma in qualche modo fare da consulenti al proprietario per evitare di prendere cantonate, e anche difendere coloro che lavorano nei loro gruppi. In realtà questi sedicenti manager sono dei semplici accoliti, famigli, portaborse, insomma degli yes-men. L'unica cosa che importa è non far brutta figura col proprietario.

Inciso. Questo sedicente manager è esattamente lo stesso che qualche anno fa fece lo stesso discorso, avvisandoci di tagli salariali e che chi non accettava avrebbe dovuto mettere in conto "conseguenze" (leggi licenziamento). Un venerdì durante la pausa pranzo poi era tornato per metterci la letterina con l'annuncio ufficiale davanti al computer, per poi sparire per due settimane di vacanza. Tanto a lui cosa importava? L'azione era illegale, lui l'aveva firmata per conto del proprietario, poca importanza aveva se al suo ritorno ci fossero state venti azioni legali ad attenderlo. Una volta convinto (da me) il proprietario che non era il caso di provarci, al suo ritorno il sedicente non aveva trovato di meglio che chiamarmi a un colloquio privato per dirmi che lui doveva dire qualcosa, perché alla fine era lui che ci faceva la figura del coglione (esatto!) ma che lui aveva semplicemente eseguito un ordine e che quindi non era responsabile. Pareva Göring al processo di Norimberga!

In azienda non esiste rappresentanza sindacale: chiunque abbia provato è stato licenziato. Contro la legge, naturalmente, ma i tempi erano diversi. Trovare lavoro era più facile, la liquidazione andava bene... Oggi la musica è diversa.

Lavoro in azienda da oltre 11 anni. Da oltre 8 non vedo un aumento di stipendio. Regali non me ne hanno mai fatti. Anzi nel corso degli anni mi hanno tolto la gratifica, la tredicesima è stata a volte pagata "a rate" e a volte neppure nella misura dovuta. Adesso, anche secondo qualche collega leccaculo e paraculato quelli come me dovrebbero addirittura farsi da parte volontariamente per evitare danni agli altri. Poco importa, anzi va assolutamente evitato di verificare se i "low performer" (ovvero gli "incapaci", quelli che portano dentro pochi soldi) fanno o non fanno bene il loro lavoro pagando lo scotto di crisi oggettive e globali, o peggio ancora scelte aziendali sbagliate. Sia mai! Incapace perché devi vendere, conta solo quello.

Ma al di là del fatto che le previsioni catastrofali non sono verificabili (quindi dubitarne è doveroso più che legittimo), io ho un contratto, regali - ripeto - non me ne hanno mai fatti né la direzione né tantomeno i colleghi, quindi non vedo perché dovrei accettare di essere considerato come un incapace e in ogni caso perché fare loro dei regali. Si va secondo contratto e secondo leggi. I regali sono per gli amici. In ogni caso, è un regalo più importante dimostrare che non sempre è indispensabile piegarsi, bensì che la tutela dei propri diritti è ancora un valore ed è - tenersi forte - possibile! Che senso ha ammettere che il sistema è marcio, ma pretendere che si continui secondo quel sistema, facendone pagare le conseguenze non a chi ha provocato il tracollo ma a chi ha sempre lavorato con impegno e coscienziosamente?

Vogliono ridurre il salario? La risposta è no. Mica me l'hanno aumentato solo perché si cresceva, perché ora dovrebbero tagliarmelo? Io, che prendo quello che prendo, dovrei fare un favore a chi prende i milioni o comunque molto più di me?
Vogliono licenziarmi? Bene: allora prima quelli che sono in azienda da meno tempo, prima quelli più giovani, e così via. Si chiama "piano sociale" e tende a tutelare chi è più esposto alla crisi. In ogni caso devono dimostrare che ci sono le perdite, che i tagli sono indispensabili, e devono offrire una liquidazione degna di quel nome. Poi devono spiegare come mai a fronte dei licenziamenti stanno assumendo in altre aziende del gruppo. Poi devono spiegare come mai anche la settimana scorsa c'è stato almeno un colloquio di assunzione anche in azienda da noi. Infine devono dimostrare l'incapacità di coloro i quali vorrebbero licenziare, rispetto ai colleghi.

Insomma, tanto rumore per nulla. Loro pensano di mettere sulla strada chi pare a loro, e che di fronte al giudice basterà piagnucolare che c'è la crisi. Ma non sarà così.

Quando tentarono di tagliarci lo stipendio anni fa mi incazzai di brutto. Ora li conosco. Gliele canto e me ne fotto. Io vinco comunque. Se resto, continuo a prendere uno stipendio. Se mi costringono ad andarmene, mi dovranno liquidare e mi godrò nuovamente le scene davanti al giudice. E in ogni caso con la coscienza e l'orgoglio di non essere uno squalo ingordo, ingiusto e senza scrupoli come loro.

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Anche Paolo era un illuso

Posted by Max on 18:27
Paolo Borsellino moriva il 19 luglio 1992. Due giorni prima, racconta la moglie, diceva: "Io non vedrò i risultati del mio lavoro, li vedrete voi dopo la mia morte, perché la gente si ribellerà, si ribelleranno le coscienze degli uomini di buona volontà".
Ribellarsi a cosa? Alla mafia? Per ribellarsi alla mafia bisogna ribellarsi agli apparati dello Stato, che ne sono intrisi. Significa la rivoluzione. E da quando in Italia si fanno le rivoluzioni?
Perfino la marcia su Roma non era che una marcetta di quattro straccioni che sarebbero stati facilmente dispersi se quel coglione delinquente del re pipetta avesse fatto schierare un paio di mitragliatrici.
L'Italia non è paese da rivoluzione. Le rivoluzioni italiane si fanno con le pugnalate alle spalle, il silenzio rancoroso e l'improvviso cambio di bandiera. Tutti vincono perché nessuno perde. Tutti amici del potente di turno, e quello che va in disgrazia scompare. A Piazzale Loreto, o a Hammameth, o a Santo Domingo a seconda delle stagioni.
Gli illusi come Falcone e Borsellino ci rimettono la pelle.

La sera in cui arrivò la notizia dell'attentato ero in pizzeria con una masnada di gentucola, dopo una giornata passata in spiaggia. Io ero ammutolito, gli altri come se niente fosse. "Un regolamento di conti al sud", dicevano, "tanto laggiù sono tutti mafiosi". Orrendo. Non sono mai più uscito con quella gente, ed è facile immaginarli impegnati a far soldi, votare Lega e sputare sugli immigrati che magari fanno lavorare a prezzi da schiavi.

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Due per uno e avanti

Posted by Max on 22:35
Veltroni riabilita (a titolo personale) il fu pregiudicato, Napolitano firma una legge da ventennio. Violante che si lamentava dell'aggressività di Berlusconi al quale hanno permesso di tenere le televisioni in barba alla legge, D'Alema che dice che oggi non si può fare a meno delle scatole cinesi. Questi sarebbero gli ex-comunisti. Gente cresciuta a fianco di Berlinguer.
Forza Di Pietro, forza De Magistris. Alle prossime elezioni: 12-15%.

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Facce da culo

Posted by Max on 16:31
Ieri Rutelli, parlando di quel che accade nella striscia di Gaza, ha detto testualmente "... la virgolette violenza di Israele".
Vorrei sputargli in faccia per sentire se poi trova che la saliva sia virgolette umida.

Nella foto: pericoloso terrorista di Hamas ricondotto alla ragione dalle bombe israeliane nella striscia di Gaza - 2009

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Corsi e ricorsi

Posted by Max on 18:40
Son circa 15-20 anni che l'interesse politico non è più di moda. Se ne parli ti considerano noioso - se va bene - o un dinosauro. "Ma dai che si sta bene, che a noi va bene". Scomodo. Intanto, un pezzo alla volta i diritti di chi lavora, e ora anche di chi si dovrebbe preparare a entrare nel mondo del lavoro, se ne vanno.

Le banche prestano o non prestano soldi alle aziende. I prezzi crollano. Per chi vende, fare gli stessi numeri degli anni precedenti diventa impossibile. Ma il bello - ed è davvero da pisciarsi addosso dal ridere - è che poi vengono a dirti: "al padrone dell'azienda non interessa la crisi. Vuole i numeri. I giornali meglio non leggerli, troppo pessimismo". Qui all'estero, sono le stesse teste di cazzo che poi ci rompono i coglioni perché abbiamo quell'altra testa di cazzo a capo del governo in Italia. Eppure, uno pensa, la pensano allo stesso modo!!!

Poi ti dicono: "Le banche - che ci prestano i soldi - vogliono i "numeri", la "crescita". Allora tu ti fermi un attimo e ti chiedi se stai vivendo un sogno, o meglio un incubo, se ti stanno prendendo per il culo o se sono davvero dei coglioni totali. In realtà tutti i casi esposti sono pertinenti e esprimono la categoria.

Allora tu ti fermi di nuovo e gli dici: "Ma vi rendete conto che mi state dicendo che io, lavoratore, dovrei rendere a conto e pagare a voi la crisi messa in piedi dai vostri governi liberisti con l'apporto determinante delle banche che oggi vi prendono per il collo?" e loro ti rispondono che questa è politica e qui non si fa politica, si fa business.

Il cazzo!

È da anni che dico che questo modello non paga, che prima o poi viene giù tutto. E finché a far finta di niente sono quelli del "management" dei miei coglioni, passi. Non ci si può aspettare di meglio da feccia del genere. Quello che rompeva i coglioni sonoramente era l'atteggiamento dei colleghi. Sei uno che ha voglia di rompere i coglioni, uno che non ha voglia di lavorare. Allora ripenso al bonzo, canzone che ascoltavo da bambino senza capirne bene il significato dato che ero troppo piccino per sapere del mondo del lavoro.

Eccola qui, monumento al passato e, purtroppo, al futuro.

A un, a du, a un du tri quatr...
M'han detto che un bonzo
("un bonzo...chi è ?")
Un prete buddista
("ah!")
si è bruciato
("'sto bonzo...")
Si è cosparso di benzina
nella piazza principale e poi ehhhhhh......
("Che cosa è successo?")
Niente!
S'è dato fuoco da sè
perché vuole la libertà

La libertà de brusà
De brusà per pudè campà
Per campà per lavurà
Lavurà per pudè brusà
("Ah! ah! ah!")

M'han detto che in Fiandra
("in Fiandra...dov’ è ?")
nel Belgio
("ah!")
È saltata per aria
'na miniera
("de carbun!")
Son finiti bruciacchiati
Asfissiati, anneriti dal grisùùù- uhhhhhhhh
("che cos’è successo?")
Niente!
Più di sessanta terùn
Son finiti all’aldilà
Han finì de tribulà
De tribulà per pudè campà
De campà per lavurà
Lavurà pe pudè ‘sfissià

Io c’ho la macchina
c’ho un bel mestiere
e non faccio il minatore
c’ho la mutua
c’ho la casa al terso piano e
c’ho i servizi col bidet
cosa interessa a me
della mia libertà
La libertà de brusà
de brusà per pudè campà
e campà per tribulà
E tribolare per campare
E tribulà per pudè campà
E de campà per pudè ‘sfissià
E de sfissià per pudè campà
E libertà per pudè brusà

M’han detto ier sera
("ier sera ? cus’è ?")
Il dottor Biraghi
("chi è ?")
il caporeparto
("ah!")
che son licenziato
in tronco

È per via della flessione
sul mercato principale e poi ehhhh- uuuuhhuuhhh
("Che cosa è successo ?")
Piango!
Des' m’interessa anche a me
della mia libertà
La libertà de brusà
De brusà per pudè campà
Libertà de lavurà
De lavurà e dopo asfissià
Lavurà per pudè campà
E tribulà per pudè murì
("Ah! ah! ah!")

Non c’ho più la macchina
son disoccupato
la mia donna mi ha lasciato
sensa mutua
sensa casa
non c’ho piu’ neanche il bidet

Sono qui peggio di un bonzo
Non c’ho neanche la benzina per bruciaaaarrr uuuuuhhhhhhhh
Des' m’interessa anche a me
della mia libertà
Libertà de lavurà
de lavurà per pudè campà
E campà per poi tribulà
E tribolare per campare
E campà per pudè brusà
E libertà e libertà
Allora libertà ... confessione
No, confessione e libertà
No, libertà e rivoluzione
No ... sì ... rivoluzione
No... rivoluzione
Si' ... si’ si’ , rivoluzione
Libertà di rivoluzione
È libertà la rivoluzione
Libertà per tribulà
E libertà per la rivoluzione
Libertà ... rivoluzione
Liber... rivo...
rivolu ...
rivo ...
rivo ...
rivolu ...
rivolu ...
rivolu ...
rivoluzione
rivoluzione
rivoluzione
rivoluzione
rivoluzione
...
...
...

Un! Due!
Un! Due!
Rivoluzione!
Un! Due!
Un! Due!
Rivoluzione!
Un! Due!
Un! Due!
Rivoluzione!
Un! Due!
Un! Due!
Rivoluzione!
Un! Due!
Un! Due!
Un! Due!
Un! Due!
...
...
... Piangoooo!

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carnevale per natale

Posted by Max on 15:34
Ho appreso distrattamente della mancata ammissione dei referendum proposti da Beppe. Ho pensato: chissà quale stupidaggine formale avrà combinato il buon Beppe. Poi oggi vado a leggere l'articolo del Corriere e cosa scopro? A presiedere la Commissione per i referendum è Corrado Carnevale, edella commissione fa parte Kossiga.

La democrazia italiana è in una botte di ferro. Sì, come quella di Attilio Regolo!

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Vedremo

Posted by Max on 18:03
Conosco gente negli Stati Uniti che, anche dopo il crollo di popolarità dell'ormai ex-presidente, diceva cose tipo "gi manderò una torta per il compleanno", o addirittura "affanculo la Costituzione, ricandidiamolo per la terza volta". Altri, meno fondamentalisti, che sostenevano che nonostante tutto non sentivano Obama come qualcuno che potesse rappresentarli, riferendosi al colore della pelle in un modo che non sono riuscito a stabilire se contenesse o meno elementi razzisti. Credo di no, anche se la complessità delle sfumature del problema è difficile da cogliere per me che non sono americano.

Soprattutto i primi, ovvero i fondamentalisti, escono più che malconci dal risultato delle elezioni. Direi annichiliti. E ora mi fanno temere per la salute del presidente. Si tratta infatti di gente che, per un motivo o per l'altro, è assetata di sangue. Gente che ha voglia di menare le mani, che non si rassegna né ritiene di poter esprimere anche il dissenso più estremo rimanendo necessariamente sui binari della democrazia. Non è gente che organizza manifestazioni in Campidoglio. È gente che spara, come a Kennedy e come a Luther King. È gente che digrigna, cova e trama, ai quali la Costituzione sta bene solo quando vincono e quando possono calpestarla impunemente. Non sono pochi individui.

Sono gli stessi che, nel loro odio viscerale, gioivano delle indagini e delle spese legali enormi del procuratore Starr che indagava sulle menzogne a sfondo sessuale di Clinton, ma protestavano in modo scomposto di fronte al semplice tentativo di indagare sulle menzogne a sfondo guerrafondaio di Bush, con buona pace di princìpi e coerenza. Farsi fare un pompino da una stagista e mentire al jurì, peccato capitale. Scatenare guerre basate su menzogne, mandando a morte migliaia di soldati e centinaia di migliaia di civili, reintroducendo la pratica della tortura, i campi di concentramento e seppellendo la convenzione di Ginevra, quello va bene. Misteri.

Staremo a vedere di cosa sarà capace il nuovo presidente. Se davvero intraprenderà passi per cambiare profondamente il sistema di caste e privilegi in politica e finanza, le possibilità che lo facciano fuori sono - a mio avviso - altissime. Per quanto mi riguarda, convinto come sono che gli attacchi alle torri siano stati un "inside job", attendo Obama su quel terreno per vedere se avrà il coraggio di far indagare in maniera più seria (e ci vorrebbe davvero poco) di quanto non abbia fatto la commissione 9/11.

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Quei comunisti degli americani!

Posted by Max on 15:39
Sono affascinato dal capitalismo, specialmente quello puro e duro dei neo-con.
E naturalmente non posso non essere meravigliato dalla sua massima espressione, il "Paese delle grandi opportunità": gli Stati Uniti.
"Il mercato si regola da solo!" sentenziano un giorno sì e l'altro pure. "La legge della domanda e dell'offerta!". "Chi è più competitivo vende, chi lo è meno non vende e alla fine deve chiudere!".

Il protezionismo a difesa dell'agricoltura americana da parte del proprio governo contro i prezzi inferiori di frutta e verdura importate da Paesi "in via di sviluppo" non mi pare vada esattamente nella direzione del libero mercato. A proposito: i famosi paesi-in-via-di-sviluppo. Li sentivo chiamare così 35 anni fa. Io nel frattempo mi sono "sviluppato", loro sono ancora lì che devono sviluppare. Forse Via di Sviluppo è una nuova casellina del Monopoli.

Una guerricciola commerciale per via del protezionismo statunitense l'abbiamo avuta anche noi in Europa, recentemente. Se non ricordo male a causa dell'acciaio. Il princìpio del liberismo duro e puro degli americani (ma non solo degli americani, bensì del capitalismo in genere) andrebbe infatti così integrato: "il mercato si regola da solo, purché ad approfittarne alla fine siamo sempre noi". Allora si capiscono meglio i protezionismi.

Adesso è fallita una banca enorme. L'hanno lasciata morire. Sconquassi, casino, migliaia di miliardi di perdite dappertutto... Bene, è il mercato che si regola da solo, pensavo. Ma prima ne hanno salvate altre due, e oggi ne hanno salvata un'altra. Si sarebbero schiantate con ripercussioni micidiali su tutto il sistema finanziario, altrimenti. Ma per salvarle... le ha di fatto acquisite... tenersi forti... lo Stato! Ebbene sì, siore e siori. Una nazionalizzazione in piena regola. No, non è la Cuba comunista di Fidel Castro, stiamo parlando degli Stati Uniti, e in particolare degli Stati Uniti iper-liberisti di Bush e Cheney!

Non so gli altri, ma io sto morendo dalle risate.

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"Intellettuali" schizzinosi

Posted by Max on 13:23
Scriveva ieri Alberto Asor Rosa sul Manifesto un articolo dal titolo Più del fascismo. Eccolo di seguito, con i miei commenti.

Il terzo Governo Berlusconi rappresenta senza ombra di dubbio il punto più basso nella storia d'Italia dall'Unità in poi. Più del fascismo? Inclino a pensarlo. Il fascismo, con tutta la sua negatività, costituì il tentativo di sostituire a un sistema in aperta crisi, quello liberale, un sistema completamente diverso, quello totalitario. Pochi oggi possono consentire con la natura e gli obbiettivi di quel tentativo; nessuno, però, potrebbe contestarne la radicalità e persino, dentro un certo assai circoscritto ambito di valori, le buone intenzioni. Berlusconi invece non è che il prodotto finale e consequenziale di una lunga decadenza, quella del sistema liberaldemocratico, cui nessuno per trent'anni ha saputo offrire uno sbocco politico-istituzionale in positivo: è il figlio naturale del craxismo; è il figlio naturale dell'affarismo democristiano ultima stagione (ben altri titoli d'onore si possono inscrivere nel blasone storico della Dc); è il figlio naturale dell'incapacità dimostrata nella politica in questo paese di rappresentare gli «interessi generali» e non quelli, inevitabilmente affaristici, anche quando non personalmente lucrativi, di piccoli gruppi autoreferenziali, che pensano solo a se stessi.

Berlusconi, dunque, prima che essere fattore di corruzione, nasce da una lunga, insistita, fortunata pratica della corruzione: rappresenta fedelmente la decadenza crescente del pianeta Italia; per forza di cose non sa che governare attraverso la corruzione: la diffonde spontaneamente intorno a sé; crea un vergognoso sistema giuridico per difendersi quando sia stato colto in passato con le mani nel sacco e per continuare a farlo impunemente; modella l'Italia secondo il suo sistema di valori e, man mano che l'Italia degrada, ne viene alimentato.

In un articolo apparso sul Corriere della sera (13 luglio), come al solito intelligente ed acuto, Ernesto Galli della Loggia se la prende con il «moralismo in un paese solo», che sarebbe il nostro e che consisterebbe nel pensare che «L'Italia che politicamente non ci piace è fatta di gente moralmente ottusa guidata da un malandrino». L'accusa di moralismo astratto e vaniloquente - Galli della Loggia con la sua intelligenza dovrebbe ammetterlo - sarebbe molto meno pungente se la situazione italiana fosse quella da lui descritta. Insomma, il moralismo vano è fastidioso (lo dico con cognizione di causa, avendo studiato a lungo, e con analogo rigetto, gli antigiolittiani). Però alla lunga può diventare ancor più fastidioso che i critici del moralismo non ci dicano se al centro del problema non ci sia la corruzione dominante, e insieme con questa il suo principale rappresentante e beneficiario.

Per corruzione non intendo soltanto, e neanche principalmente, l'appropriazione indebita di denaro pubblico e privato e il culto quasi parossistico del proprio interesse personale: ma la degenerazione del sistema dentro cui il gioco politico, sempre più solo formalmente, continua a svilupparsi: il malcelato disprezzo della Carta costituzionale; l'evidente estraneità alle «forme» (cioè alla «sostanza») della democrazia; la denegazione crescente della separazione dei poteri; l'incapacità dei politici - tutti - di sottrarsi al gioco mortale della pura autoriproduzione; la tendenza in atto a sottomettere tutto a un potere unico. E accanto a questo, la pulsione - per usare una vecchia ma non del tutto inadeguata terminologia - a connotare in senso sempre più ferocemente classista i valori cosiddetti condivisi della morale pubblica e le scelte di politica economica.
È altresì evidente, come giustamente osserva Galli della Loggia, che vedere le cose in questo modo significa mettere all'ordine del giorno anche una riflessione sullo stato attuale della «democrazia rappresentativa» in Italia. Se infatti è per il voto degli elettori italiani che questo scempio può continuare ad ingrandirsi, questo non ci autorizzerà a buttare a mare per intero il sistema ma neanche a giustificare o ignorare lo scempio perché è il voto popolare, fatto in sé astrattamente positivo, a convalidarlo e produrlo. Se, ripeto, le cose stanno così, è evidente che c'è qualcosa (parecchio?) da cambiare o da aggiustare.

Arrivo a una prima conclusione. Io mi sentirei di dire che questo è uno dei momenti della storia italiana in cui «questione sociale» e «questione nazionale» fittamente s'intrecciano, fino a costituire un unico «nodo di problemi» da affrontare insieme. Questo vuol dire che il bisogno di «unità», per quanto tormentato e difficile, è altissimo. Uno degli errori strategici più gravi che si siano commessi nel corso dell'ultimo ventennio è l'essere andati separati - riformisti e radicali - alle ultime elezioni: gli uni, vantandosene come della scoperta del secolo; gli altri, consentendovi con pallida e autolesionistica tracotanza.

Per affrontare questo «nodo di problemi» è fin troppo evidente che le forze politiche dell'attuale opposizione risultano inadeguate. Perché la difficoltà attuale sia superata bisognerebbe che tutte le forze interessate, sia pure da angoli visuali diversi, guardassero fin d'ora a questo traguardo: sto parlando dunque di un processo, non di un arrangiamento fra capi e capetti.

Del Pd non saprei che dire se non che dovrebbe imparare presto a far bene il suo mestiere, che sarebbe quello, se non erro, di un partito moderato che guarda a sinistra (perché se decidesse, da partito moderato, di guardare a destra, il berlusconismo oggi tanto deprecato ci apparirebbe solo una tappa verso precipizi ancora peggiori). Sulla sinistra, che c'è e non c'è, e che in mancanza di altro si dilania, mi sentirei di fare alcune considerazioni di massima.

Il recente congresso di Rifondazione comunista ha avuto il merito di separare più nettamente che in passato i «comunisti» da tutti gli altri. I «comunisti» - per carità, bravissimi compagni, con cui non sarà impossibile mantenere rapporti - vanno per una loro strada, che non porta da nessuna parte. E gli altri? Gli altri dovrebbero porre alla base del loro futuro quel profondo ragionamento critico e autocritico, che finora è mancato e che lo stesso Bertinotti, se si escludono gli ultimi, disperatissimi mesi pre-elettorali, ha accuratamente evitato di affrontare. La cosa riguarda nello stesso modo l'intera galassia di quella parte della realtà politica italiana (che esiste, e come), la quale non s'adatta né alla formula corruttiva berlusconiana né all'opposizione moderata del Pd né alle risposte, piene di pathos, ma programmaticamente e ideologicamente assai deboli del dipietrismo (e di altri fenomeni analoghi ma deteriori).

Se mai ci sarà una Costituente di sinistra (come io mi auguro), mi piacerebbe che i suoi promotori tenessero conto che esistono tre comparti di problemi, uno programmatico, uno strategico e l'altro organizzativo, con cui - quali che siano le soluzioni da proporre - non si dovrebbe evitare di confrontarsi.

Il comparto programmatico è di gran lunga il più importante, ma qui posso evocarne solo il principio ispirativo. Se non si è comunisti, si è riformisti: bisogna accettare l'inevitabilità di questo décalage storico. Ma ci sono molte forme di riformismo: e ciò che le distingue è il programma (di cui non c'è traccia alcuna nei recenti dibattiti, anche quelli congressuali!).

Quella cui io penso è una forma molto radicale di riformismo, che preme su tutti i gangli della vita sociale, va più in là, s'occupa in modo più generale della «vita», delle collettività ma anche di ognuno di noi individualmente inteso, e propone soluzioni che spostano i rapporti di forza. Il cambiamento è in atto da quando lo si inizia, non c'è bisogno di arrivare al risultato finale per conoscerne tutti gli effetti. Dal punto di vista strategico non si potrà fare a meno di comporre in un quadro unitario «questione sociale» e «questione ambientale».

La cosa, se si entra nel merito, è tutt'altro che semplice: una classe operaia ecologista ancora non s'è vista ma neanche s'è visto un militante ecologista capace di «pensare» la «questione sociale» contemporanea. E pure sempre più avanza la consapevolezza che il destino umano risulta dalla composizione, meditata e razionale, delle due prospettive e cioè, per parlarne in termini politici, dalla sovrapposizione e dall'intreccio del «rosso» e del «verde».

Infine: se qualcuno pensa che la crisi della sinistra si risolva creando un nuovo piccolo partito dei frantumi dei vecchi, farebbe bene a cambiare opinione il più presto possibile. Ciò a cui sembra opportuno pensare è un vasto e persino eterogeneo movimento di forze reali, che sta dentro e fuori i vecchi partiti e per il quale vale la parola d'ordine che l'unica organizzazione possibile è l'autorganizzazione: una rete di istanze e rappresentanze diverse, collegate strategicamente e non gerarchicamente, che assorba e rivitalizzi le vecchie forze piuttosto che viceversa.
Certo, perché il discorso funzioni è necessario ammettere che tutte le volte in cui in Italia si riaffaccia una «questione morale» - cioè, come ho cercato di spiegare, un problema di degrado e di corruzione della vita pubblica e della democrazia - torna ad affiancarlesi l'ancora più stantia e veramente obsoleta parola d'ordine di una «rivoluzione intellettuale e morale». È questo cui pensiamo quando diciamo che la lotta al berlusconismo è al tempo stesso «questione sociale» e «questione nazionale»? Siamo retro al punto di rispondere tranquillamente di sì a questa domanda. In fondo tutto si riduce a questa semplicissima prospettiva: cambiare i tempi, i modi, le forme, i valori, i protagonisti dell'agire politico in Italia. Il resto verrà da sé.


Concordo più sull'analisi iniziale che sul resto. Ma soprattutto non concordo con il giudizio sul "dipietrismo". Se è vero, come sostiene anche Asor Rosa in conclusione al suo intervento, che è necessario "cambiare i tempi, i modi, le forme, i valori, i protagonisti dell'agire politico in Italia", vorrei capire come lui pensa di poterlo fare a partire dalle condizioni attuali. Questo è lo scoglio sul quale si scontra ogni pensatore critico. Si possono cambiare i dirigenti senza cambiare prima i valori? E si possono cambiare i valori se si continua a essere guidati (!) da questi dirigenti? Suona tanto da comma 22 delle Sturmtruppen.

Come si può opporsi a Berlusconi e al berlusconismo se non si ha la forza o il coraggio per andare al governo e cambiare, cancellare (sì, cancellare!) le leggi ad personam? Come si fa a denunciare lo scempio della democrazia, la cultura dei furbi, e al tempo stesso accusare di non avere programma e ideologia l'unico che sostiene a gran voce che la legge dev'essere uguale per tutti? Non sono princìpi quelli? E non rappresentano forse la base per un qualsiasi programma che si riproponga di rimettere ordine nella devastazione del costume e della democrazia italiani? Eccola la schizofrenia, l'ipocrisia. Parlare di moralità e di equità va bene, ma a patto che a parlarne siano Veltroni e D'Alema? E se loro non lo fanno, allora chiunque altro non va bene? Intellettuali di sinistra, o presunti tali: datevi una regolata, toglietevi snobismo e puzze da sotto il naso. Se tollerate Berlusconi al governo senza chiamare alle armi, non potete improvvisamente fare gli schizzinosi con Di Pietro.

Del resto, quella "forma molto radicale di riformismo" alla quale pensa Asor Rosa, Veltroni non gliela darà mai. Per non scontentare i teo-dem, il papa, i moderati, i cattolici, per paura che a dire no sia perfino il suo gatto, per non sentirsi dare del comunista (oddio!). Non c'è niente di radicale nel Pd tranne la paura di perdere voti. Col probabilissimo risultato di andare a perderne un sacco alle prossime elezioni (se si terranno).

Non c'è nessuna "rivoluzione intellettuale o morale da fare". Basta(va) difendere e applicare le leggi che hanno garantito 60 anni di democrazia. Non c'è niente di retro in questo. E se invece c'è, allora siate voi, teste fine, pensatori eccellenti, intellettuali di sinistra e non, a suggerire quali sono il metodo, il programma, l'ideologia che dovrebbero pilotare il cambiamento. Altrimenti il risultato è il solito: la gente seduta a tavola con la fame, e voi a dire che il pollo no, il pesce no, la pasta no, e che diamine non saremo mica così retro da voler davvero mangiare? È ora di finirla, di cambiare, è vero. Cominciando da voi.

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Chi ci guadagna e chi ci rimette

Posted by Max on 17:29
Da Repubblica-online di oggi:

Vola l'inflazione: a giugno al 4,1%
Prezzi alle stelle, la pasta +25%

Il dato Istat conferma le previsioni più negative. Nel mese precedente era a quota 3,8%. E' il dato peggiore dal 1996. Forte aumento dei prezzi dei generi alimentari in generale. Il diesel fa un balzo del 31,4%

Per l'Eni un semestre da record
Utili a 6,76 miliardi. Più 39,2% nel periodo gennaio-giugno. Risultati migliori sia per i gas che per gli idrocarburi. Scaroni: "Un anno eccellente, a settembre proporrò un acconto di 0,64 euro sui dividendi"

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Lanciati verso il medioevo prossimo futuro

Posted by Max on 11:39
La cosiddetta riforma della giustizia sancirà una volta per tutte che i cittadini non sono uguali di fronte alla legge.
Ne consegue che la legge diverrà (in molti aspetti lo è già) elastica. Ciò che è reato per me, non lo è per te. Io vado dentro, tu resti fuori.
Ne consegue che verrà sancita l'esistenza di una casta, una élite non processabile che di fatto esiste già ma senza il crisma dell'ufficialità che la rende banale quotidianità.
I tagli alle forze di polizia, peraltro, metteranno la casta formata da ricchi e potenti in condizione di dover proteggere se stessa e i propri privilegi con l'esercito, più o meno privato. Anche questo è già in corso.
La riforma del lavoro ha già consegnato larga parte delle nuove generazioni di lavoratori, e una fetta crescente anche delle generazioni meno giovani, a una nuova forma di schiavitù in cui non si possono più fare progetti: non solo progetti di vacanze o di acquisti di beni più o meno voluttuari, ma famiglia, figli, casa.
La consolazione unica dovrà necessariamente venire dalla riscoperta forzosa della religione.
Taci, lavora, non hai diritti, paga, prega e non fare progetti.
Principi, re e nobili del medioevo, se erano "illuminati" facevano meglio di così.
Facile capire che con le riforme di scuola e università, e rincoglioniti dalla televisione, in molti non riconoscano i tratti della società che si va delineando. Scivoliamo in questo nuovo medioevo senza ribellarci. Anzi, più la merda sale, e più aumenta il numero di quelli che credono di disfarsene chiamando a comandare quelli che la procurano.

Auguri.

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Curzio in corto?

Posted by Max on 11:20
Di solito concordo con Curzio Maltese, oggi invece no. L'articolo pubblicato oggi su Repubblica prende una cantonata colossale, anche se mi sembra che contenga il barlume che dovrebbe metterlo in condizione di capire da sé la fonte della sua errata interpretazione. Per far questo, bisogna partire dal fondo del suo articolo, da un concetto che mi trova pienamente in sintonia.

Curzio chiude così il suo articolo: "È la politica che cambia le cose, e quella non c'è più". Sacrosanto. Ma non si può chiudere con una simile constatazione, bensì questa dovrebbe stare all'inizio di un ragionamento che individui responsabilità e alternative, altrimenti la constatazione in questione diventa autocommiserazione e qualunquista. Insomma, siccome la politica non c'è più dovremmo stare con Veltroni? Se questa è la logica conclusione di Curzio, allora le cose sono due: o ieri ha mangiato pesante e ha subito un corto circuito, oppure ho sbagliato io a giudicarlo in passato.

Se la politica non esiste più, di certo non è per causa divina. Chi doveva governare ha governato esclusivamnte il consenso. Chi doveva fare opposizione ha preferito fare altrettanto, accordandosi con chi governava. Quando l'opposizione è andata al governo ha preferito proteggere gli accordi sottobanco a scapito della legalità, della Costituzione, della democrazia e, in ultima analisi, della politica. Mi sembra ci siano fatti di non difficile interpretazione a supporto di questa mia opinione. Fatti, e persino dichiarazioni esplicite (Violante in Parlamento, video disponibile nel film "Viva Zapatero" e su YouTube).

Dunque se le cose stanno così, ne deriva che affidarsi a coloro i quali questa situazione hanno creato o contribuito a creare non ha alcun senso se non in chiave masochista. A questo punto la domanda è perfino scontata: e dunque? Caro Curzio, una volta assodato che Berlusconi e Veltroni (nominati a titolo simbolico come rappresentanti di una certa sedicente classe politica dirigente) sostanzialmente fanno parte di un sistema integrato e finiscono con l'essere funzionali non solo a se stessi ma anche l'uno all'altro, e una volta stabilito che la situazione è deteriorata - non solo per la fine della politica, ma perché la gente fa sempre più fatica a campare - a chi ci si dovrebbe rivolgere? In chi si dovrebbe confidare?

Maltese scambia per spettacolo o per semplice mal di pancia quello che invece è l'ansia e il relativo urlo di un bisogno che si fa ogni giorno più pressante. Non venire oppressi e dimenticati. La richiesta urgente e pressante di tornare a quella politica intesa come bene comune che non c'è più.

Ci si dovrebbe rallegrare del fatto che esistano Beppe, Marco e Sabina, e che in parlamento sieda Antonio. Senza di loro, l'urlo non si sfogherebbe più in maniera pacifica, parlando di dati, mandando a fare in culo un po' di gente (che comunque secondo me se lo merita) e cercando di costruire una alternativa democratica. Con tutta probabilità, invece, tornerebbe a sfogarsi con le P38. O peggio.

C'è modo per verificare chi ha ragione. Secondo Maltese, Di Pietro verrà costretto a dissociarsi, e a termine più lungo verrà ridotto allo 0,5% delle preferenze elettorali. Per il momento non si è dissociato, e io prevedo che l'Idv alle prossime elezioni prenderà un pacco di voti. Staremo a vedere. Per il momento, temo che riguardo a Curzio Maltese avesse ragione Massimo Mazzucco in questo suo articolo del 2007.

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Finalmente

Posted by Max on 01:10
Di Pietro, dice Veltrusconi, ha fatto "il più bel regalo al premier".
Ma, brutta testa di cazzo, i regali glieli avete fatti tu e la dirigenza del tuo pseudo-partito neo-democristiano.

Tonino, tieni duro! Visto come vanno le cose, non potrai che andare in meglio. Veltroni vada pure con Berlusconi e col papa, e tu diventerai l'unico rappresentante di tutti quelli che non si sentono rappresentati e tantomeno tutelati. Un numero destinato a ingrossarsi in modo esponenziale. Verrebbe da dire "purtroppo", ma la storia insegna che oltre un certo limite il purtroppo diventa inevitabile e perfino augurabile. Senza la guerra, avremmo fatto la fine della Spagna, tenendoci Mussolini o chi per lui fino agli anni '70. Quindi venga, e venga presto, la caduta. Servirà almeno a liberarci dei Veltroni, dei Berlusconi, dei Casini, dei Fini e dei Bossi. Poi si potrà finalmente cominciare a ricostruire.

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Incidenti sicuri

Posted by Max on 15:19
Il 5 giugno incidente nucleare a Krsko, in Slovenia. Stamattina incidente nucleare a Tricastin, in Francia. Trentamila litri di acqua radioattiva finita in due fiumi. Per le autorità francesi non ci sono rischi per la popolazione, niente inquinamento delle falde freatiche... praticamente da augurarsi un incidente al giorno.
IL 16 febbraio 2007 incidente a Ringhals, Svezia. Il 16 luglio 2007 incidente a Kashiwazaki Kariwa, in Giappone. L'11 aprile 2006 altro incidente a Aomori, sempre Giappone.

Ma quella nucleare è una fonte di energia sicura. Come no!

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Sospetti

Posted by Max on 13:44
Non capisco se esista un nesso.

a - di queste supposte (hehe) intercettazioni piccanti si sa che riguarderebbero anche Berlusconi, ma i contenuti ancora non sono noti. Però mettono le foto della Carfagna...





b - per ribadire che non è il caso di nascondere i fatti, si fanno paralleli con la storia Clinton/Lewinski...

c - a rilasciare dichiarazioni per il Pdl, oggi, è un certo sig. Bocchino

Mah. Mi viene un sospetto!

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Dialogo col nano radioattivo?

Posted by Max on 14:25
Veltroni vuole il "dialogo" e a me sembra Chamberlain alla conferenza di Monaco del '38. Più concede all'avversario, e più crede di salvare la pace. Lui non vuole mischiarsi con chi gli sta dicendo che dopo la Cecoslovacchia verrà l'Austria, e poi Danzica e poi la catastrofe. Lui, povero ometto patetico, vuole il dialogo.
D'Avanzo oggi dice che "è la democrazia che sta mutando, baby". Serra oggi dice che "è che non c'è più l'etica". Sul fatto che l'etica sia oggetto di interesse per il WWF non ho alcun dubbio: se non è estinta è in rapida via di estinzione. Sulla teoria di D'Avanzo, invece, nutro seri dubbi. Se di mutazione si tratta, assomiglia più a una mutazione genetica dovuta a esposizione alle radiazioni. Il reattore impazzito essendo, naturalmente, il nano Chernusconi.

Sarebbe ingiusto, però, incolpare di tutto il nano radioattivo. Lui "ce prova". Se al reattore vengono a mancare le misure di sicurezza, lui prima o poi esplode, che gli si può dire? Col reattore esploso non si dialoga, si agisce.

Da noi, invece, la mente acuta di Veltroni osserva, vuole il "dialogo", mentre intorno cominciano a nascere bambini senza braccia e cavalli con tre teste lui vuole il dialogo. Altrimenti? No, dico: il dialogo come lo intendi tu, Chernusconi non te lo darà mai. E dunque? Piangi? Rivuoi indietro i tuoi soldatini e con te non gioco più? Un gavettone?

La mutazione, come la chiama D'Avanzo, ha un nome. Si chiama fascismo, e non capisco com'è che l'Europa ha messo in quarantena l'Austria per via di Haider, e a noi che schediamo i bambini rom invece niente.

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Paraculi genetici

Posted by Max on 11:22
Faccio difficoltà a scrivere ancora riguardo alla politica italiana. In realtà faccio fatica a interessarmi ancora all'Italia.
I risultati delle ultime (in senso temporale, ma potrebbe diventare anche un assoluto) elezioni hanno tragicamente risolto quello che era il mio dubbio da molti anni, ovvero se è la classe politica responsabile dell'imbarbarimento della società, oppure se ne sia semplicemente lo specchio. I risultati, secondo me, confermano la seconda ipotesi. Abbiamo ciò che - in larga maggioranza - ci meritiamo e ci costruiamo.

Quelle che ieri erano semplici provocazioni sono oggi una triste realtà. Non siamo il Paese degli "italiani brava gente". Siamo paraculi, niente di più e niente di meno. Un po' babbei e un po' figli di puttana, pronti a vendere la mamma ai nani da circo - e in questa circostanza il riferimento al bandito che presiede il governo è puramente casuale anche se perfetto.

Tutti (o meglio i pochi con un minimo di coglioni), Marco Travaglio in testa, stanno avvertendo dei rischi che la legge sulle "intercettazioni" porta con sé. Nessuno, però, ha ancora individuato l'effetto collaterale. Così come la leggenda vuole che con Mussolini ci fossero meno reati (meno assassini, meno furti ecc.), con la legge sopra citata Berlusconi fra un paio d'anni dirà agli italiani che il Paese è diventato più civile. Niente scandali, niente continui litigi, meno reati. Come nel ventennio. Non perché effettivamente le cose stiano come vengono descritte dal regime, ma perché non si potrà dire né venire a sapere di tante cose. Ma questa non è neppure la parte peggiore.

Quel che è peggio è che tutto questo, come già visto settant'anni fa, andrà benissimo a tanti, forse ai più, fino a quando l'imbarbarimento, l'impoverimento finanziario oltre a quello morale che già c'è, non arriverà al punto di rottura. In quel momento, con le rivolte in strada e i profittatori di regime in fuga, della maggioranza che fino al giorno prima applaudiva non si troveranno che scampoli. Sembrerà che nessuno mai sia stato italoforzuto, nazionalalleato e legaiolo. Tutti diranno che furono costretti dalle circostanze, dalle pressioni del sistema, che non sapevano, non immaginavano, che altrimenti perdevano il posto e altre baggianate del genere. Pronti a saltare su un nuovo carro.

Mai nulla di più vero fu scritto: chi non impara dalla propria storia è condannato a vederla ripetersi. E noi ormai ci siamo, pronti per un altro ventennio. Dev'essere genetico.

P.S. Ho difficoltà a scegliere un'immagine da associare al titolo. Troppi papabili. Accetto suggerimenti.

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