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Nucleare, no grazie

Posted by Max on 11:36
In Germania stamattina la radio riportava questa notizia: i risultati di un'indagine dimostrano che l'insorgenza di tumore al sangue nei bambini sotto i cinque anni aumenta proporzionalmente alla vicinanza alle centrali atomiche.
Direi che si commenta da sé.

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Cervelli fini

Posted by Max on 13:56
Nell'ecosistema italiano, che si mantiene non con progetti ma con la voce grossa fatta a turno da questa o quella categoria, con le pressioni delle lobby, e dove quelli che hanno meno forza contrattuale lo prendono regolarmente nel culo, politici e giornalisti (verginelle mai colpevoli di niente) hanno pure la faccia tosta di giudicare inqualificabile l'atteggiamento degli autotrasportatori.

E dove sta questa gentaglia quando le categorie denunciano l'impoverimento, il degrado, la mancanza di sicurezza, gli inadempimenti contrattuali quando esista un contratto... Io me li ricordo i tranvieri di Milano, non molto tempo fa. Stessa storia: anni a ripetere che non avevano più un contratto, che lo stipendio era (è?) da fame, che non ce la facevano più. Esaurita la pazienza, sciopero, Milano nel caos, precettazioni, accuse e insulti reciproci... Allora, in Italia è solo questione di "corporazioni" come le chiamano, o è questione che se non si arriva al conflitto duro non si muove mai nulla?

E perché le altre categorie che si trovano in condizioni simili non solidarizzano? Perché l'insegnante mortificato, il precario laureato del call center, lo stagista a titolo gratuito, il capofamiglia che non ce la fa ad arrivare alla fine del mese con lo stipendio - invece di lamentarsi perché manca la benzina o il panettone - non raggiunge i trasportatori in lotta? Forse perché il passo richiede un cervello un po' più espanso di quello di Simpson (vedi foto), e una solidarietà meno ipocrita di quella da paronato parrocchiale?

Poi leggi che in Italia c'è il rischio della disintegrazione sociale. Sbagliato, non c'è il rischio, è una cosa già avvenuta. E in qualche misura, temo, pure meritata.

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Ce n'è per tutti

Posted by Max on 10:58
La7 sospende il Decameron di Luttazzi perché insulta Ferrara.
Due cose.

1 - Luttazzi è uno di quelli che hanno aperto il fuoco contro Grillo all'indomani del V-Day. Proposte sbagliate, sbagliato il metodo, diceva. Poi lui va su La7 a dire che immagina la vasca con Ferrara dentro e Berlusconi che gli piscia addosso, quell'altro che gli caga in bocca, e la Santanché che frusta tutti in completo sado-maso. E sarà questo il modo migliore per cercare di cambiare le cose, no, Luttazzi?

2 - Nonostante il fatto che Luttazzi sia evidentemente un pirla, come dimostrato, il motivo per cui ha usato quelle immagini oniriche è assolutamente condivisibile. Vale a dire lo schifo per un cretino (Berlusconi) che ha il coraggio di dire che lui in fondo era contrario alla guerra. Infatti la manifestazione per la pace di Roma l'ho oscurata io, non lui. Prostrato davanti ai piedi e alla volontà di Bush mi ci sono messo io, non lui. E Ferrara, che gli insulti li merita sempre e comunque a prescindere da chi li pronuncia, andava in televisione a dire che chi si opponeva alla guerra era un "figlio di Saddam", un terrorista addirittura. Dunque Luttazzi è un pirla, ma un pirla che ha ragione da vendere.

Continuo a divertirmi, poi, leggendo le notizie. Mastella il moderato intima al centrosinistra di modificare il decreto-legge eliminando le misure anti-omofobia, "altrimenti è finita". Dare degli ultimatum è notoriamente il segno di una misura moderata e di una disponibilità al compromesso. Ma i radicali brutti e cattivi, ovvio, sono quelli della sinistra. Una logica ferrea.

Infine ieri sera, il direttore del TG1 intervista Pansa, Feltri e un altro paio di teste fine di cui, grazie al cielo, neppure ricordo il nome. Questi vanno a dire che il precariato non è poi tanto male, che una volta lo si faceva senza tante storie, che all'estero si chiama mobilità, flessibilità, anzi è una cosa positiva perché permette di fare diverse esperienze. E poi permette di formare professionalmente senza pagare un apprendista come un professionista.
Vorrei andassero a dirlo in una piazza di fronte al nugolo di cinquantenni espulsi dal mercato e non in grado di trovare una collocazione lavorativa per una cifra superiore ai mille euro al mese. In alternativa, di fronte al nugolo di laureati costretti a affrontare mesi, anni di lavoro stagista non retribuito. E poi dovrebbero fare una bella esperienza di un simile precariato. Poi ne riparliamo.

Per concludere, il direttore che assomiglia al compagno di classe del primo banco che tanto mi stava sui coglioni, sempre bravino e perfettino e pronto a leccare il culo del professore, che lamenta lo stillicidio contro i giornalisti, povere vittime di cotanta malvagità, ritenuti responsabili o corresponsabili del dramma che si consuma in Italia. Ma quando mai? Giornalisti indipendenti, che non sottostanno a nessuna direttiva, non sono i lacché dei politici, chiaro, ovvio. Meglio di Totò. Ma io ho più rispetto per le prostitute da strada.

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Moderati mannari

Posted by Max on 11:13
La Binetti ciliciata non vota il decreto sul quale viene posta la fiducia, ma i radicali intransigenti stanno a sinistra.
L'Unione non rispetta il programma proposto agli elettori prima delle elezioni, ma l'antipolitica la fa Grillo.
Questa è l'Italia. Questi sono i media.
Se qualcuno decide di emigrare, offro appoggio logistico.

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Complotto, oh yeah!

Posted by Max on 14:38 in
C'era una volta il Barbiere della Sera.

E c'era una volta e forse, speriamo di no, c'è ancora il poco prode Astolfo.
Il quale Astolfo, con pochi argomenti ma grande arroganza, tentò - e probabilmente nella sua criminalità tenta ancora altrove - di perorare la causa della pazzia di coloro i quali credono che gli attacchi dell'11 settembre 2001 siano stati un inside job, ovvero organizzati o quantomeno coperti dall'amministrazione statunitense.

Alla sua colpevole imbecillità risponde il numero, ogni giorno crescente, di persone che viene a contatto con immagini, dati, video, e si convince che le cose che sono state descritte dopo non corrispondono a quelle effettivamente avvenute. Da presa d'atto a elaborazione del perché, con annesse responsabilità, il passo è fortunatamente breve.

"C'è un movimento in espansione che conta già centinaia di milioni in tutto il mondo. Scriveva infatti Pierluigi Battista sul Corriere della sera (10 settembre): «La grande setta dei complottisti», che compra milioni di video e di libri contro la versione ufficiale sull'11/9, è «dilagata esercitando forza di suggestione e praticando una sorta di monopolio immaginario della controverità» che non riguarda più soltanto «sparute minoranze di maniaci». Insomma ci siamo, si tratta ormai di un movimento imponente: solo negli Usa oltre il 50 per cento dei cittadini è favorevole a una nuova commissione d'inchiesta sui fatti dell'11 settembre 2001. (...) - Da il Manifesto di ieri, 24 ottobre 2007.

P.S. Astolfo: sei un coglione a tutto tondo!

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About "re-virginizing"

Posted by Max on 13:03 in
A few days ago a so-called "revirgination" process was published on hackint0sh.
The iPhone Dev Team doesn't recommend using it. No further explanation.
At the same time, some people claim that this process would corrupt the seczone by writing zeros.
While I believe the Dev Team being a bunch of great guys, and appreciate the fact that they are limiting themselves to just "not recommend" a process (for whatever reason), I have taken the time to read the content of different threads.

Being one of those who own an iPhone which came with FW 1.0.2, unlocked with iUnlock_reloaded, and being annoyed by the delay of a solution making it possible for me to upgrade to FW 1.1.1, a couple of days ago I gathered all the information I could find, pondered the apparent reliability of the revirgination process and assessed the risk. My conclusion was, it was worth trying. So I did.
I followed this link for revirgination, and this link for the unlock under 1.1.1. Everything went well.

Now, for those who are in doubt and suffer from the psychologic terrorism of those claiming that this process "permanently bricks your iPhone" during the process or "may brick it once a new firmware gets released", I want to state what follows:

1 - Every hack implies a certain degree of risk, which each one of us must assess, subsequently deciding whether trying is worth or not.
2 - I have been told of people bricking their phone with the revirgination process, but none has given me evidence of it. I'd like to talk to someone trusted who witnessed such a disaster. Until then, rumors are rumors and nothing more.
3 - Nobody forces you to update the firmware. You can decide to keep 1.0.2 and just wait before you upgrade to 1.1.1. Depends on who and what you trust. In the same way, now that I successfully revirginate and upgraded to 1.1.1, nobody forces me to upgrade to 1.1.2 (if this is will be the code of the new firmware) once Apple releases it. Of course I'll wait until I can read opinions and experiences, assess the risk and so on. The decision-making process is the same, always.

And now a couple of quotes answering frequently asked questions, which helped me take my decision. Hope it helps someone else too.

Q - Does this mean that people using the very rough virginization guide (which utilizes SimFree.app in the process) are actually corrupting their data? Oh the irony. (norenore)
A - they can always do the virginization again with the server patch that gives u a new seczone... (bogdi1988)
A - No, because geohot's "abuse" of SimFree.app only gets to the stage where it sends parts of your seczone to geohot's servers, and then bugs out with an "invalid token" message before reaching the stage where the normal IPSF corrupts your seczone. Since SimFree.app doesn't receive the correct token back from what it believes to be the IPSF servers it doesn't write anything to the seczone. (weeaboo)

Q - So after this method and anysim 1.1 if we restore our phone, we will have a virgin, factory-like iphone? Because there are some people who say that the new virgin method just patches some more checks and not actually virginising our phones... Is there any chance that apple will make our phones bricks again (and we will need another tool to restore)? (mapas)
A - The "new" method is not out yet. Geo has moshed together something, which is not really a solution you should use for now (unless you want to run around reading guides, thread and readme files from here & there). But the mechanism mentioned in the first post of this thread will ACTUALLY return your seczone to a factory like condition. So it is a true virginizer. (Locked)

Q - Just to make sure that I am on the same page. I heard someone say (maybe Doggun) on the iphone forum that this virginizer also zeroes out a particular portion of the seczone (like IPSF does). Reading your response I get a feeling that the virginizer is *good* and does not suffer the same problems as IPSF. Right? (dennis)
A - you are mixing two things. The virginizer and the unlocker. The virginizer will fix the damage done by earlier iUnlock and anySIM. It has nothing to do with the current anySIM. it basically paves the way for the new anySIM to work properly.
old anySIM -> damaged seczone -> virginizer -> good seczone - > new anySIM (Locked)

Q - So what about the nck count.... it increases with old anysim and IPSF by 1 every time you run it. What about the new anysim. Does it increase the nck. If so, you would only be able to upgrade/hack five times... (PmgRiPhone)
A - The revirginizer will restore the count (geohot)

(sources: Forum Hackint0sh e Elite Team)

I hope this clarifies the situation a bit. Apparently the Elite Team is about to release a true virginizer too, but if you can't/don't want to wait any longer...

Do I need to say that if you try and for whatever reason screw your iPhone, I'm not responsible for it? What I've posted here is just information, helped me take *my* decision. You read, you decide, your iPhone. :)

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Ho ceduto, ma consapevolmente :)

Posted by Max on 13:22 in
È andata a finire che un mese fa l'ho acquistato, due settimane fa l'ho ricevuto e sbloccato, e adesso lo uso - con grande soddisfazione - con il mio contratto Vodafone. In barba alle limitazioni del tutto prive di giustificazione che Apple tenta di imporre. Di cosa sto parlando? Naturalmente dell'iPhone, un oggetto che un utente veterano di Apple non può lasciarsi scappare.

Questo aggeggio mi ha proprio acchiappato, poche ciance. In effetti è più un computer molto mini più che un semplice telefonino. E come un piccolissimo computer sarebbe anche espandibile, almeno nel software, se anche qui Apple non avesse assunto una politica che ricorda molto quella di Microsoft. Chi smanetta e se ne impippa delle condizioni di garanzia (e io sono tra questi) riesce comunque a installare pacchi di software sugoso.

Ad ogni modo, io sono dell'avviso che quando acquisto un auto poi sono libero di montargli le ruote o altri accessori che pare a me. Ci mancherebbe altro che la Fiat mi imponesse di fare rifornimento solo da una certa catena di stazioni di servizio, o di montare solo certe gomme. Per questo ho offerto il mio appoggio alla schiera di hackers che lavorano per penetrare questi blocchi. Loro sono fior d'ingegneri, io li aiuto traducendo in italiano gli articoli esplicativi che redige uno di loro.

Ora sono uno dei tanti che attendono lo sblocco del nuovo firmware per aggiungere funzioni al mio gadget. Intanto continuo a usarlo con tutte le sue funzioni originali, telefono incluso. Tra l'altro è diventato un ottimo motivo per riorganizzare tutti i miei contatti in schede complete. Un lavoro che avevo intenzione di fare da molto tempo ma che, come spesso accade alle buone intenzioni, era rimasto lettera morta. Oltre a questo ho imparato una tonnellata di cose su aspetti tecnici che prima mi erano del tutto sconosciuti, inclusi alcuni comandi da terminale. Una cosa che mi ha abbastanza entusiasmato e che penso proprio approfondirò.

Ad ogni modo ho anche personalizzato un po' di cose, realizzando un set di icone in stile "anni '30" per la springboard, visibile nell'immagine qui a fianco e da me allungata per farci stare tutte le icone create finora. Se qualcuno le vuole gliele manderò volentieri. Questo è il link per imparare a sostituire le icone delle applicazioni su iPhone.

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Scalfari chi?

Posted by Max on 08:46
Buongiorno Marco.

Il fatto che di Beppe si parli così tanto significa solo una cosa: che lo temono. E a buon motivo, direi. O meglio, più che temere lui, temono il fatto che sia riuscito a diventare elemento aggregante di un dissenso che è evidentemente molto più diffuso di quanto dicano i due o trecentomila che siano quelli che sono scesi in piazza a firmare.

Personalmente non sono sorpreso dagli attacchi, specialmente dalla sinistra, e trovo le obiezioni alquanto estemporanee nella loro ilarità. Si lamenta la disaffezione alla politica, poi ci si lamenta se la gente se ne interessa. Allora si dica chiaro che si vorrebbe affezione per la politica così come intesa e interpretata da chi in questo momento sta in Parlamento. Impresa ardua, visti i risultati.

Il pericolo dei poteri forti, paventato ad esempio da Scalfari, è un'altra bubbola buona solo per gli ingenui che vanno al traino dei cosiddetti maitre-a-penser: qualcuno dovrebbe avere il coraggio di spiegare che in Italia al momento non si muove foglia se non sta bene agli adepti del gruppo Bilderberg (Prodi e Padoa-Schioppa), al Vaticano (vedi quel che ne è stato della ricerca sulle staminali, i diritti alle coppie di fatto, gli attacchi alla legge 194 e non dirmi che la si vuole migliorare: migliorare qualche dettaglio è il grimaldello che tentano di usare per scardinarla completamente. L'importante per loro è che si accetti di rimetterla in discussione, poi ci pensano loro...), la Confidustria (basta vedere certe affermazioni - veri e propri diktat - di Montezemolo sulla irrinunciabilità alla legge sul precariato). Quali poteri più forti di questi potrebbero saltare in groppa al popolo del V-Day?

E ancora il pericolo della violenza, del terrorismo che potrebbe esplodere dal movimento di protesta. Beh io ero troppo piccolo nel '68 per ricordare di persona, ma i libri servono per imparare ciò che non si è esperito personalmente. Il '68 nasceva da un afflato di cambiamento rispetto a una società bloccata e inadatta a interpretare i profondi cambiamenti sociali avvenuti sull'onda dell'urbanizzazione e dell'industrializzazione. Anche oggi siamo di fronte a uno scenario economico che è stato radicalmente mutato dal crollo del muro e dal liberismo spinto, oltre che dall'emersione dei giganti India e Cina. Se questa classe dirigente non è in grado di gestire il cambiamento, di elaborare e attuare proposte che se non risolvono i problemi quantomeno ne attutiscano l'impatto, beh allora è naturale e anche giusto che si protesti e si cerchi il cambiamento. Anche la rivoluzione francese è nata da presupposti simili. E anche quella americana, e anche quella russa. Tra l'altro, di tutto ho visto e sentito a seguito dell'8 settembre, tranne che accenni a una qualche forma di violenza. Sempreché non si voglia fare del cabaret e sostenere che certe affermazioni di Beppe siano più pericolose o violente di quelle - ad esempio - di Bossi che parla esplicitamente di fucili, di sciopero fiscale. O delle offese, talvolta pesanti, che in questi ultimi dieci anni si sono scambiati esponenti di rilievo tanto del centrosinistra quanto del centrodestra.

Insomma è evidente che le critiche e le accuse sono del tutto capziose. Una vera e propria campagna denigratoria. La buona notizia, però, è che molti di quelli con cui parlo si dicono assolutamente impermeabili a queste critiche, perché hanno visto e sentito (e sopportato) troppo. E perché misurano certe affermazioni non più sotto una lente ideologica, ma sotto quella degli effetti che questa "classe dirigente" fa loro provare sulla propria pelle. Il che è un argomento incontrastabile da qualunque Repubblica o Scalfari. Del resto, in procura per spiegare come facesse a sapere con anni di anticipo cosa stava succedendo e come sarebbe andata a finire con la Parmalat non è stato un redattore di Repubblica o Scalfari, bensì proprio Beppe.

Una cosa condivido: è triste pensare che in questa Italia, tradizionalmente terra di cultura e d'inventiva, a diventare bandiera di un cambiamento debba essere un comico, per quanto simpatico e arguto. Triste, ma non incomprensibile.

Sono curioso di vedere come proseguirà la questione del "bollino" a liste civiche che rispondano ai suoi requisiti. Se finiranno col farsi assorbire dalla cultura delle spartizioni e della cosca, o se riusciranno a ottenere cambiamenti veri. Ma per tirare bilanci ci vorranno anni. Nel frattempo, se Beppe continua a macinare proposte, sensate e decisamente aderenti a quelle che sono le ferite aperte della nostra società e le urgenze del numero sempre maggiore di gente in difficoltà, temo (anzi spero) che il movimento sia destinato ad allargarsi.
Vedremo.

Volevo essere più corto, invece un pensiero ha tirato l'altro. Scusami.
Buona giornata.
Massimo

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Dittatura o Maria Antonietta?

Posted by Max on 09:59
Ho letto e spesso condiviso in parte o in toto gli editoriali di Eugenio Scalfari, ma quello di oggi che ha per tema Beppe Grillo mi sembra veramente preoccupante, in particolare perché ho sentito un commento molto critico anche da parte non solo di Marco, un amico "conservatore illuminato", ma soprattutto di Bruno, un amico comunista da sempre.

Riepilogando grezzamente, Bruno dice che lo preoccupa l'appello a distruggere i partiti. Marco dice che se si corre dietro a uno come Grillo si aprono le porte ai cosiddetti "poteri forti". Scalfari addirittura adombra il pericolo di una dittatura che sarebbe pronta a instaurarsi sull'onda di movimenti di piazza come quello dello scorso 8 settembre. I riferimenti al qualunquismo di Giannini si sprecano.

Ora, io vivo all'estero e non sono sottoposto ai bombardamenti mediatici di radio e televisione italiane. Leggo i giornali (Repubblica, Corriere, Manifesto) tutti i giorni, e leggo giornalmente anche il blog di Beppe. Leggo, confronto, cerco di approfondire quando posso. In questo caso, mi sembra che a Bologna Beppe abbia espresso dei concetti semplici, estremamente. Uno di questi in particolare dovrebbe, da solo, far piazza pulita delle perplessità e preoccupazioni che sento in giro. "La politica la fate voi, ogni giorno, dovete riappropriarvene". Non mi sembra, questo, un concetto qualunquista. Anzi. E quando Bruno si dice preoccupato perché Grillo dice che vuole distruggere i partiti, mi pare non colga il senso vero di quella espressione. Se la si associa al concetto appena espresso, diventa evidente che a dover essere distrutti sono questi partiti, ovvero questo sistema di costante bombardamento mediatico, deresponsabilizzazione, delega acritica.

Mi sembra talmente evidente che non riesco a capacitarmi di come gente che ritengo intelligente e profonda, non colga. Le preoccupazioni di Marco e Bruno, per non parlare di quelle di Scalfari, mi sembra corrano dietro alla lepre finta mentre quella vera se la ride in tana.

Marco, i poteri forti? Perché in questo momento in Italia chi domina? Il popolo? I sindacati? O non sono forse Confindustria, il Vaticano, le agenzie di rating (che esprimono le potenze finanziarie europee e mondiali) a dettare condizioni? Bruno, un colpo ci si lamenta che non esiste più la piazza dove la gente socializza, scambia opinioni, preoccupazioni, speranze, e anche rabbia, e il momento dopo ci si lamenta perché in piazza a portare trecentomila persone ci va Grillo, senza incidenti, sfogando e dicendo pubblicamente quello che un sacco di gente dice nei bar, nelle scuole, nelle fabbriche, negli uffici?

"Se uno ha la febbre, inutile prendersela col termometro", leggevo ieri, e mai definizione mi è parsa più appropriata. Se siamo giunti al punto in cui un semplice comico che dice cose di semplice buonsenso riesce a portare in piazza centinaia di migliaia di persone in duecento città, vuol dire che il problema c'è, esiste, è serio ed urgente, e soprattutto non si chiama Grillo.

I politici si difendono, la televisione li aiuta. Io non credo si auto-riformeranno. Anche le leggi popolari rappresentano solo proposte, che vanno discusse in Parlamento. Mai visto nessuno tagliarsi le palle da sé, e considerati privilegi e potere in mano a questa classe "dirigente" non credo cominceranno loro. Ma allora che bisogna fare? Mugugnare ma sostanzialmente adattarsi e sottomettersi? Anche quando le cose vanno di male in peggio? Scalfari, che pare di storia se ne intenda, dovrebbe sapere cosa accade in quei casi. "Il popolo non ha pane per sfamarsi - allora che mangino croissants", la rivoluzione, Robespierre, le ghigliottine. Questa classe di politici non è molto diversa da Maria Antonietta: non solo i privilegi (innumerevoli e spesso scarsamente o per niente giustificati), ma la droga, le puttane, i pregiudicati... Forse è ora che si alzi un bel po' di vento.

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Ichino o M'inchino?

Posted by Max on 08:25 in
Se Beppe non ne avesse scritto sul suo blog di oggi, l'articolo di Ichino sul Corriere - vedi sotto - mi sarebbe passato sotto il naso. E male sarebbe stato, perché si tratta di uno scritto che rappresenta la quintessenza delle mistificazioni tutte italiane. Allo spaccio di un'opinione per una realtà e al rovesciamento delle verità siamo tristmente abituati, e questo articolo ne rappresenta l'archetipo.

Non ci spenderò sopra molte parole: un numero di persone che conosco ha perduto il lavoro (o lo ha lasciato per vari motivi) negli ultimi anni, e tutto ciò che sono riusciti a trovare in alternativa è precariato malpagato e senza alcuna certezza per il futuro. Ora, Ichino può tentare di spacciare il fuoco per l'acqua e può anche sostenere che Gesù sia morto di polmonite, se crede, ma i fatti sono fatti.
Allora perché il fastidio per il libro di Beppe? Semplice: da che mondo e mondo, il malessere personale difficilmente esplode e se lo fa viene ricondotto a pazzia del singolo. "Aveva problemi, è andato fuori di testa, poveretto." Ma quando lo stesso problema affligge centinaia di migliaia (se non milioni) di persone, che riescono a sapere l'uno dell'altro e possibilmente a coordinarsi... eh beh, allora sono cazzi. Allora non è più una serie di problemi di singoli ma diventa un problema sociale.

Del resto, per smontare le balle di Ichino basta una domanda: la Confindustria difende a spada tratta la legge Biagi. Perché? Se è vero che il numero dei lavoratori impiegati è cresciuto, ma la produzione industriale è rimasta quello che era, allora c'è chi dalla legge Biagi ci guadagna e c'è chi ci perde. È sufficiente ascoltare chi si lamenta e chi gongola, chi la vuole abolire e chi la vuole mantenere, e le balle di Ichino svaniscono come bolle di sapone. Balocchi per bambini creduloni.

Una volta in piazza gridavano "lavorare meno, lavorare tutti". Oggi va di moda "farne lavorare il più possibile, pagandoli il meno possibile". È un sistema che va al collasso, se non viene cambiato. Un collasso che si vedrà nel giro di 20 o 30 anni perché quel "pagarli il meno possibile" significa abbattere gli oneri sociali, che sono poi quelli che vanno a pagare la sanità, le pensioni.

Siamo avviati verso la straccioneria.

Infine ho un dilemma: 10 persone ammazzano un giuslavorista. Loro sono terroristi, lui diventa un eroe. E va bene. Allo stesso tempo, decine, centinaia di "imprenditori" ammazzano migliaia di lavoratori tramite il "risparmio" sulle misure di sicurezza. Loro restano imprenditori, i morti sono solo sfigati. A me i conti non tornano. Chissà cosa ne pensano gli altri. Probabilmente, al passo coi tempi, "finché non tocca a me personalmente, chissenefrega"?

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Lo scontro sulle leggi Treu e Biagi
Falsificazioni pericolose
Quei frutti velenosi della faziosità bipartisan
di PIETRO ICHINO

Almeno un merito ce l’ha, la violenta invettiva di Francesco Caruso della settimana scorsa contro Marco Biagi e Tiziano Treu, con la sua coda di commenti favorevoli provenienti dal «popolo della sinistra radicale» e pubblicati dal quotidiano di Rifondazione Comunista: il merito di costringere il centrosinistra a uscire dall’equivoco riguardo al contenuto e agli effetti delle leggi, rispettivamente del 2003 e del 1997, che portano i nomi dei due giuslavoristi.
La convinzione, diffusa a sinistra, che la legge Biagi sia responsabile del precariato in Italia è documentata anche da un libro pubblicato a maggio dal notissimo attore comico Beppe Grillo — Schiavi moderni —, che si apre con queste parole: «La legge Biagi ha introdotto in Italia il precariato. (...) Ha trasformato il lavoro in progetti a tempo. La paga in elemosina. (...) Tutto è diventato progetto per poter applicare la legge Biagi e creare i nuovi schiavi moderni ». La cosa interessante è che questo libro raccoglie centinaia di testimonianze e proteste contro il lavoro precario, delle quali non una sola è imputabile a una situazione generata dalla legge Biagi (sfido Beppe Grillo a un confronto pubblico su questo punto)! E nelle pagine finali, dedicate all’analisi della legge, lo stesso Grillo non riesce a indicare una sola norma in essa contenuta che abbia allargato le maglie del lavoro precario. È, del resto, ormai pacifico tra tutti gli studiosi, di destra e di sinistra, 1) che i rapporti di collaborazione autonoma continuativa a cui Grillo — come Caruso — si riferisce sono riconosciuti dalla legge italiana fin dal 1959 e hanno avuto una crescente diffusione negli ultimi trent’anni del secolo scorso; 2) che la legge Biagi ha, semmai, introdotto una disciplina restrittiva di quei rapporti (di cui si è avvalso proprio il governo di centrosinistra per dare un giro di vite contro il lavoro precario nei call center); 3) che dall’entrata in vigore della legge Biagi quei rapporti, lungi dall’aumentare, hanno preso a ridursi; 4) che neppure la quota dei contratti di lavoro a termine sul totale del lavoro dipendente ha segnato dal 2000 al 2006 un apprezzabile aumento. Ora, Beppe Grillo non può ignorare come sulla medesima falsità che apre il suo libro—e che il seguito del suo libro stesso rende evidente—sia stata costruita nel recente passato una campagna di odio politico forsennato, che ha portato all’uccisione di una persona. Ciononostante nel suo sito Internet alcune settimane fa egli si è permesso di rincarare la dose dileggiando quella stessa persona, insieme a un’altra vittima del terrorismo, con una «versione satirica » del Corriere contenente il trafiletto che segue. Titolo: «Biagi come mio marito Calabresi: un martire»; testo: «Gemma Capra non ha dubbi: "Bisogna smettere di insultare i servitori dello Stato". Altrimenti il rischio è che si ripeta quanto accaduto a suo marito Luigi Calabresi, ucciso solo per aver fatto prendere una boccata d’aria al ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli, o a Marco Biagi, ammazzato soltanto per aver aiutato gli imprenditori a sfruttare meglio i lavoratori».

Tutti coloro che si chiedono perché in Italia — unico Paese dell’Occidente industrializzato — il mestiere del giuslavorista sia così pericoloso, e il dibattito sulle politiche del lavoro resti tuttora inquinato dalla violenza terroristica, sono serviti. Se un parlamentare e un attore comico popolarissimo sono capaci di indicare, pur senza alcun fondamento, nel giuslavorista assassinato il responsabile dei mali peggiori del mondo del lavoro, perché mai non dovrebbe trovarsi in giro una testa calda capace di sparare di nuovo contro un bersaglio simile?

In questi anni non solo la sinistra, ma pure la destra ha ritenuto di presentare la legge Biagi come «la grande liberalizzazione» del mercato del lavoro. In realtà non lo era affatto; ma se i due schieramenti politici tra loro nemici erano d’accordo almeno su questo punto, perché mai 57 milioni di italiani non avrebbero dovuto crederci? Sul Corriere di ieri il segretario di Rifondazione Comunista richiama le altre forze del centrosinistra a farsi interpreti di questo sentimento diffuso, nel «popolo di sinistra» e nel movimento sindacale, contro la legge Biagi; non si rende conto l’onorevole Giordano che questo sentimento diffuso è stato generato proprio dalla faziosità bipartisan delle forze politiche?

Che il Prc sia in grave difficoltà su questo terreno si comprende facilmente. Qualche contenuto incisivo di liberalizzazione del mercato del lavoro, assai più della legge Biagi, lo ha portato la legge Treu del 1997, che ha abolito il monopolio statale dei servizi di collocamento e ha introdotto le agenzie per la fornitura del lavoro temporaneo. Francesco Caruso lo ha capito; e ora, accomunando Treu a Biagi nel suo violentissimo attacco, egli ha inteso forzare il Prc ad assumere una posizione incompatibile con la sua appartenenza alla maggioranza. Assai più che con l’odiatissima Biagi, secondo logica, il Prc dovrebbe prendersela con la legge Treu; ma esso avrebbe grosse difficoltà a farlo, perché quella legge, frutto di accordi tra governo e sindacati firmati anche dalla Cgil, fu approvata nel 1997 da una maggioranza di centrosinistra di cui lo stesso Prc faceva parte. Per questo l’esternazione di Caruso non potrà essere archiviata in fretta, come l’infortunio estivo di un deputato estremista irresponsabile: essa è una lucida provocazione mirata a costringere i dirigenti del Prc ad ammettere di aver votato nel 1997 una «legge Biagi» ante litteram e a chiedere anche di quella l’abrogazione o il «superamento». Ci sarebbe un solo modo serio in cui la maggioranza potrebbe uscire dell’impasse in cui l’ha costretta Caruso: che tutte le sue componenti accettassero di azzerare giudizi e pregiudizi politici, per discutere serenamente la questione dei veri effetti di quelle due leggi, sulla base dei dati disponibili, con l’aiuto di chi li sa leggere. Sarebbe un bagno di pragmatismo salutare per la nostra politica e per il nostro Paese; ma a chiederlo si rischia di essere presi per visionari.

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Il mio nuovo oggetto del desiderio

Posted by Max on 11:10
Bene, è ora che dica la mia su quel che da mesi è diventato il mio oggetto del desiderio: iPhone.

Da quando è uscito, anzi addirittura da quando è stato annunciato, si è scatenata la gara a chi può dirne peggio. Non ha questo, non ha quello, è un sistema chiuso, obbliga a un contratto e così via. I più smanettoni attendono che esca Neo1973, un cellulare basato su Linux, ovvero aperto, accessibile, modificabile a piacere dall'utente.

Ecco i miei 5 cents. Alcune osservazioni sono vere. Apple poteva fare di più, poteva fare ancora meglio. È vero sempre e per chiunque. Ed è vero che non sono felice di vedere Apple imboccare la strada della costrizione degli utenti. Anche se non è una novità. Nonostante questo, trovo che iPhone sia due cose: un oggetto per molti versi rivoluzionario, e un oggetto bello.

Ma la cosa più importante è che per ogni limitazione (software) esiste ormai una schiera di genietti pronta a violare, scardinare, insomma pronta a liberare gli utenti. A distanza di poco più di un mese esiste già un modo per usare iPhone con la propria sim-card (anche se attualmente è ancora necessario capirci molto e dotarsi di un paio di strumenti), installare software aggiuntivo tipo un Instant Messenger, usare Skype, installare suonerie personalizzate. Questo solo per citare alcune delle prodezze degli hacker. iPhone quindi nasce chiuso, ma inevitabilmente diventa aperto.

Allora mi sembra che la caccia al difetto di iPhone sia frutto in qualche caso di un sincero dispiacere per la politica commerciale di Apple, dispiacere che condivido, e nella stragrande maggioranza dei casi sia invece il frutto di quell'antica diatriba Win/Mac alla quale ora si aggiunge anche Linux.

Ai patiti di Bill Gates non ho nulla da dire. Mi sembra superfluo, le loro critiche sono frutto di invidia e frustrazione. Ai nobili amici di Linux, invece, dico che io guardo alla cosa con l'occhio di un utente che, pur smanettando coi programmi, non capisce una mazza di codice. Quindi cosa voglio? Io voglio un telefono che mi permetta di fare molte cose che faccio anche sul mio computer, possibilmente con un sistema che conosco e che sia stabile, sul quale posso andare a interferire grazie a chi programma e sprotegge, e possibilmente sia anche un oggetto esteticamente bello. Neo1973 esteticamente è un cellulare e basta. iPhone è un un cellulare fico. Neo, come al solito per Linux, mi obbliga a imparare linguaggi, shell e sacramenti vari se voglio modificare, implementare ecc., mentre iPhone ha una schiera di hacker che preparano pacchetti autoinstallanti, nella migliore tradizione Apple.

Ergo, lascio volentieri che Neo trovi un suo (immagino vastissimo) mercato tra i genietti di Linux, mentre io comprerò iPhone appena sarà disponibile in Europa. Sempre che non decida di fare una pazzia comprandone uno negli Stati Uniti a brevissimo.

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Le pere di Mele

Posted by Max on 13:45
Ovvero:
all'Udicino non far sapere quanto son buone le troie con le pere.
Perle di saggezza popolare rivisitate in chiave proibizionista, nella difesa dei sacri valori familiari, e naturalmente contro il riconoscimento di qualsiasi diabolica legislazione per le convivenze. Sia mai che si sia costretti a rinunciare al brivido del coca-party, pagando puttane, droga e alcol con quello schifo di stipendio da parlamentare.
Non ho pregiudizi né contro chi fa uso di droga (a scopo ricreativo), né contro chi si affitta una troia. Questo a prescindere dal fatto che io non sia mai andato più in là di qualche canna. Sulle puttane il discorso si farebbe complicato. Non ne ho mai fatta salire una in macchina che battesse sulla strada, né ho mai chiamato alcun servizio escort, ma si potrebbe lungamente disquisire sulla natura più o meno troiesca di certe femmine che mi hanno attraversato la vita, purtroppo senza essere investite da un tir bulgaro carico di incudini. E poi per dirla proprio tutta, cene, discoteche, regali, viaggi, fiori e quant'altro per uscire con una che magari se la tira e non la cala. O che la cala ma neppure sa da che parte incominciare per un pompino ben fatto. A conti fatti, forse una prostituta non è l'alternativa più dispendiosa - e non mi sto riferendo in particolare all'aspetto finanziario.

HTornando a bomba, ovvero alle pere di Mele, ho letto blog e forum in cui la gente si mostra stupefatta (anche senza la coca). Io non mi stupisco affatto. Lo avevo già scritto non molto tempo fa che i cosiddetti "moderati" sono questo e nient'altro, nella stragrande maggioranza. Luridi ipocriti che predicano in un modo e razzolano nel modo contrario, basta non si sappia.

Cose che non si sa se facciano più incazzare o sbellicare dalle risa:
1 - che quello paghi droga e puttane coi soldi dei contribuenti
2 - che Cossiga dica "ma insomma, basta con l'ipocrisia"
3 - che Cesa approfitti e, con la faccia deretanica che lo contraddistingue, approfitti per dire che i parlamentari hanno la vita dura e dovrebbero prendere più soldi per avvicinare la famiglia".

Non posso dire in un blog pubblico quale penso sia la soluzione, o mi mettono dentro per apologia di reato.

"(...) sei contenta se un ladro muore, se si arresta una puttana, se la parrocchia del Sacro Cuore acquista una nuova campana (...)". Da Borghesia, Claudio Lolli, 1972.

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Italiani brava gente

Posted by Max on 11:14
Voglio rendere onore a Dragan Cigan, immigrato bosniaco morto affogato nel tentativo (riuscito) di salvare due bambini italiani. I genitori dei quali, una volta tratti in salvo i figli, si sono dileguati senza mostrare il minimo interesse per la sorte del salvatore della loro prole.

Onore anche all'unico altro generoso che si è tuffato, riuscendo fortunatamente a salvarsi. È un marocchino di cui il giornale pubblica solo le iniziali (sarebbero comparse solo le iniziali nel caso in cui avesse ammazzato qualcuno invece di aver salvato due bimbi?).

Due immigrati in una spiaggia piena di italiani. La dice lunga.
Ma il fatto sconvolgente e francamente vomitevole è che i genitori dei bambini, una volta recuperati i ragazzini, si siano dileguati senza mostrare il minimo interesse per le sorti di chi ha strappato a morte certa i loro figli, né per il dolore dei familiari del bosniaco. Non un grazie, non l'attesa spasmodica per ringraziare. Via. Via e basta. Domani, o forse oggi stesso, si giustificheranno dicendo che non avevano immaginato che il bosniaco stesse affogando, o chissà quale altra vaccata inconsistente del genere.

Alla famiglia di Dragan (e al marocchino che si è salvato) mando un messaggio: grazie per il sacrificio spontaneo, generoso, umano. Se potete, perdonate l'ingratitudine di quella gente e sappiate che io mi vergogno al posto loro.

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Rompere il continuum

Posted by Max on 13:28 in ,
Sembra che ultimamente l'argomento della visione del futuro e del viaggio nel tempo siano tornati a solleticare scrittori e registi, anche se la costruzione logica degli eventi non è impresa facile e spesso capita di assistere a storie potenzialmente interessanti ma che precipitano alla prova della coerenza.

La casa sul lago del tempo, con Keanu Reeves e Sandra Bullock è uno di questi. La (improbabile) storia d'amore di due tizi che comunicano attraverso il tempo utilizzando una cassetta della posta come warmhole. Per quale arcano motivo a un certo punto il cerchio si chiuda con lei che improvvisamente non è più nel futuro ma nel presente, riuscendo perfino a sottrarre l'omino al tristo destino, non è dato sapere. Il mio voto: idea simpatica, storia insufficiente, film bruttino. Buono per ammazzare il tempo se proprio non c'è di meglio da vedere.

Paycheck, con Uma Thurman e Ben Affleck, è già più interessante o forse solo più coerente. Affleck costruisce su commissione una macchina per vedere nel futuro, ma una delle clausole è che gli rimuovano selettivamente la memoria alla fine del lavoro. Lui dovrebbe fare una brutta fine, ma prima di farsi cancellare la memoria dà una sbirciatina al suo futuro e... aiuterà se stesso a salvarsi. Resta la domanda: se lui ha visto la sua fine e questo gli permette di cambiare il corso degli eventi, questi dovrebbero apparire già modificati nel passato in cui la macchina viene utilizzata. Secondo me, un loop inestricabile. Alla fine della fiera: idea semplice, storia sufficiente, film decente. Ma nulla che scriverà la Storia del cinema.

Deja Vu, con Denzel Washington, un Val Kilmer e Jim Caviezel. Altra storia di un viaggio nel tempo, infarcita di luoghi comuni e di patriottismo americota in stile hollywoodiano del tempo di Bush. Solite bandiere a stelle e striscie, soliti mlitari (questa volta in gita con le famiglie su un battello), solito terrorismo (questa volta per opera di un "patriota" estremista schizzato), soliti eroi dell FBI con congegni che mischiano googlemaps all'ennesima potenza con la macchina del tempo. Solita azione, e solito finale del buono che vince ricomparendo vivo dopo essere appena morto, in un finale incongruente. Idea trita, storia banale, film da cassetta e nulla più. Val Kilmer dovrebbe dimagrire. Gli anni passano anche per lui, ma non c'è più traccia del fico di Top Gun e di Heat.

Insomma, per vedere avventura, effetti speciali, umorismo e una storia ben congegnata sul tema del viaggio del tempo, la prima scelta rimane sempre la saga di Ritorno al futuro.

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Fine del Trattato di Westfalia

Posted by Max on 10:34
Su il Manifesto di ieri usciva questo articolo a firma di Prem Shankar Jha, uno dei massimi economisti indiani. Io l'ho trovato interessante.
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Il crollo degli stati-nazione al tempo dell'impero americano
Come potenza egemonica del ventesimo secolo, intenta a estendere il proprio potere anche nell'era del capitalismo globale, gli Stati Uniti hanno condotto l'attacco al sistema disegnato nel 1648 dal Trattato di Westfalia e fondato sul rispetto della sovranità e dei confini nazionali
Prem Shankar Jha

Nel contesto delle relazioni internazionali, il segnale del passaggio da un ordine mondiale basato sul consenso tra gli stati-nazione a un mondo basato sulla coercizione praticata da una singola superpotenza si è avuto nel giugno del 2002, quando il presidente George W. Bush jr rese pubblica la sua nuova politica per la sicurezza nazionale. Per la maggior parte degli americani, l'11 settembre 2001 il mondo era cambiato in modo irrevocabile: Bush alimentò questa convinzione quando, nel suo discorso sullo stato dell'Unione del febbraio 2002, affermò che di fronte a un nemico senza stato gli Stati Uniti non avrebbero più potuto fare affidamento sugli strumenti di deterrenza tradizionali per prevenire attacchi contro la propria popolazione e il proprio territorio.

Dopo la fine della guerra fredda
Gli Stati Uniti avrebbero pertanto dovuto prevedere in quali luoghi tali attacchi potevano essere preparati e assumere azioni preventive per impedire l'attuazione degli attacchi stessi. Ma un esame più approfondito del modo in cui si è evoluta la politica estera e militare americana dopo la guerra fredda dimostra come il passaggio dagli interventi finalizzati alla difesa del sistema degli stati-nazione agli interventi tesi a minare tale sistema sia iniziato molto tempo prima.

L'evento scatenante fu la fine della guerra fredda, nel 1989. Nei quindici anni successivi, quella che era iniziata come una serie di tentativi di intervento militare finalizzati all'ingerenza negli affari interni di altri paesi si trasformò in un assalto frontale all'istituzione dello stato-nazione e all'ordine westfaliano. I primi interventi militari dell'era successiva alla guerra fredda, finalizzati alla riorganizzazione di uno stato-nazione attraverso un intervento decisivo nei suoi affari politici interni, sono stati attuati in Bosnia, nella Somalia e a Haiti tra il 1992 e il 1994, e sono stati interventi minori che hanno coinvolto dalle 3000 alle 25.000 unità di truppe terrestri statunitensi. Tutti questi interventi furono portati avanti sotto il mandato del Consiglio di sicurezza dell'Onu.

Un cambiamento irreversibile
C'è poi voluto meno di un decennio perché gli Stati Uniti, sostenuti dal Regno Unito, passassero a un'invasione non provocata dell'Iraq con 200.000 uomini, nonostante la forte opposizione dell'opinione pubblica mondiale, senza le autorizzazioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e con gli espliciti obiettivi messianici di abbattimento del regime di Saddam Hussein e successivo insediamento di un governo amico degli Stati Uniti, dell'Occidente e di Israele, e di trasformazione dell'Iraq in una democrazia modello e in un esempio per il resto del mondo arabo.

Pertanto, è difficile non concludere che qualcosa sia cambiato irreversibilmente a partire dalla fine della guerra fredda, un cambiamento che ha esercitato una pressione senza tregua sulla potenza egemone spingendola all'attuazione di interventi sempre piú diffusi e frequenti e sempre piú invasivi negli affari interni degli stati membri delle Nazioni Unite. Questa pressione stava rendendo sempre piú difficile il mantenimento del sistema westfaliano configurato dalla carta costitutiva delle Nazioni Unite.

Quel cambiamento irreversibile fu l'avvento del capitalismo globale, che a partire dagli anni Settanta iniziò a minare le fondamenta economiche dello stato-nazione allo scopo di creare un unico sistema globale di commercio e produzione. Negli anni Novanta, questo processo iniziò a rimodellare il sistema politico e quello internazionale per adeguarli ai propri scopi. In un saggio scritto all'inizio degli anni Novanta, Jürgen Habermas aveva sottolineato che, poiché la democrazia era stata creata per sostenere le finalità degli stati-nazione, la sua sopravvivenza avrebbe potuto essere messa in serio pericolo in caso di crollo di queste istituzioni.

I timori di Habermas si rivelarono ben fondati. La prima vittima dell'attacco alla democrazia fu il sistema di stati-nazione nato con il trattato di Westfalia e il Congresso di Vienna, e consacrato, nella sua piú recente espressione, dalla Carta delle Nazioni Unite. Il trattato di Westfalia fu firmato nel 1648 dalla Francia e dai suoi alleati con il re Ferdinando II di Spagna, per porre fine alla guerra dei trent'anni che aveva devastato l'Europa. Per raggiungere tale scopo, il trattato legittimò i governi esistenti, ricompose le loro dispute territoriali e stabilì le regole di base per i futuri rapporti reciproci tra gli stati. Questo processo stabilizzò le frontiere e diede vita al concetto di sovranità nazionale, i due attributi essenziali del moderno stato europeo.

- I princìpi che governavano le relazioni tra gli stati emersi dal trattato di Westfalia furono poi formalizzati dal Congresso di Vienna. Sebbene i confini tracciati da questi trattati siano stati alterati piú volte dalle ambizioni egemoniche dell'una o dell'altra potenza europea, i princìpi fondamentali che li avevano ispirati vennero invariabilmente riaffermati, e l'ordine del trattato di Westfalia ripristinato, ogniqualvolta la pace si riaffermava. Quei princípi erano il rispetto della sovranità e dei confini nazionali e il rifiuto di intervenire negli affari interni di un altro stato sovrano, perché qualsiasi intervento del genere sarebbe stato considerato alla stregua di un atto ostile.
Gli strumenti attraverso i quali fu mantenuto il nuovo ordine furono la diplomazia e la strategia militare. Lo scopo della diplomazia era quello di mantenere un equilibrio di potere nell'ambito della comunità delle nazioni, mentre la strategia militare agiva come deterrente contro le aggressioni.

Nella pratica, il sistema westfaliano non riuscì a prevenire le guerre: nel Seicento e nel Settecento le principali nazioni europee combatterono tra loro 60-70 conflitti durante ciascun secolo. Tuttavia, riuscì a instillare in tutte le nazioni una profonda avversione per le azioni di disturbo dello status quo, e nel contempo la disapprovazione per le aggressioni non provocate di un paese ai danni di un altro. L'ordine westfaliano raggiunse l'apice della sua efficacia durante la pace dei cent'anni, tra il 1815 e il 1914.

Dopo la sconfitta della Germania nella seconda guerra mondiale, l'ordine westfaliano riprese vigore ottenendo poi una definitiva consacrazione nella Carta costitutiva delle Nazioni Unite.

- L'Articolo 1 limitava la partecipazione esclusivamente agli stati sovrani. L'Articolo 2(4) imponeva agli stati di «astenersi, nell'ambito delle relazioni internazionali, dalla minaccia o dall'uso della forza ai danni dell'integrità territoriale o dell'indipendenza politica di qualsivoglia stato, o comunque da qualsiasi iniziativa in contrasto con le finalità delle Nazioni Unite».

- L'Articolo 2(7) proibiva non solo agli stati membri ma alle Nazioni Unite nel loro complesso di intervenire negli affari interni degli altri stati: «Nessuna disposizione del presente statuto potrà autorizzare le Nazioni Unite a intervenire nell'ambito di questioni essenzialmente di pertinenza della giurisdizione nazionale di qualsivoglia stato».

Rafforzato dalla minaccia di «distruzione reciproca garantita», che emerse con lo sviluppo delle armi nucleari, il sistema delle Nazioni Unite impedì l'esplosione di guerre di grandi dimensioni durante i cinquant'anni di guerra fredda. Solo quando l'avvento del capitalismo globale iniziò a minare gli stessi stati-nazione, il sistema iniziò a essere sottoposto a serie tensioni. Come potenza egemonica del XX secolo - il cosiddetto «secolo breve» - intenta a estendere la propria egemonia nell'era del capitalismo globale, gli Stati Uniti hanno guidato l'attacco al sistema degli stati-nazione e all'ordine westfaliano internazionale. I critici di area liberal dell'espansionismo statunitense escludono l'ipotesi di un cambiamento rapido e ritengono che la fine della guerra fredda abbia fatto riaffiorare una tendenza imperialista nella politica estera statunitense le cui origini risalgono alla dottrina Monroe. (...)

La vittoria nella guerra fredda e la successiva «Rivoluzione degli affari militari» di fatto rimossero solo l'ultimo ostacolo al consolidamento dell'impero americano. La debolezza di questa ipotesi sta nella sua presunzione di continuità. Indubbiamente, la creazione di una rete di basi militari e l'acquisizione del territorio su cui costruirle sono state un processo continuo.

I primi passi furono compiuti nel decennio successivo alla guerra ispanoamericana del 1896, quando l'America installò basi militari in luoghi distanti tra loro come Guam, Hawaii, Filippine, il canale di Panama, Porto Rico e Cuba. Ma furono la seconda guerra mondiale e poi la guerra fredda a consentire agli Stati Uniti di ampliare la loro rete di basi in Europa occidentale, Okinawa, Giappone, Corea, Tailandia, Australia e Nuova Zelanda. L'espansione della presenza militare degli Stati Uniti continuò anche dopo la fine della guerra fredda.

Dopo la prima guerra del Golfo, nuove basi americane sorsero in Arabia Saudita, Kuwait, Qatar, Bahrain, Oman, Egitto e Gibuti. La disgregazione della Jugoslavia divenne il pretesto per la creazione di basi in Bosnia e Kosovo e quella dell'Unione Sovietica condusse alla creazione di basi in Uzbekistan, Kazakistan, Turkmenistan e Kirghizistan.

Dopo l'11 settembre, gli Stati Uniti costrinsero il Pakistan, di fatto con la minaccia delle armi, a unirsi alla nuova guerra globale contro il terrorismo: il Pakistan concesse agli Stati Uniti l'uso delle basi aeree di Jacobabad, Pasni e Quetta. Infine, dopo la guerra afghana, gli Stati Uniti hanno acquisito tre ulteriori basi aeree in Afghanistan: a Bagram, nei dintorni di Kabul, a Mazar-i- Sharif, a nord della catena dell'Hindu Kush e a Kandahar, nel sud del paese.

Ma questa continuità maschera, e quindi impedisce di riconoscere, una differenza molto importante nel modo in cui le basi furono create. Alcune lo furono attraverso la coercizione, e cioè l'invasione o la minaccia di invadere un territorio appartenente a un altro stato sovrano. Le restanti, e si tratta comunque della maggior parte, furono create con il pieno consenso delle nazioni interessate. Inoltre, la scelta del metodo per ampliare la potenza e la sfera di influenza americana non fu casuale.

I cicli del capitalismo
Gli Stati Uniti ricorsero alla coercizione per acquisire territori o basi in due periodi distinti: il primo nell'ultima decade del XIX e nella prima decade del XX secolo, il secondo dopo la guerra fredda, e in particolare dopo l'11 settembre. A cavallo dei due periodi, con rare eccezioni, l'ampliamento della potenza militare e dell'influenza degli Stati Uniti è stato tollerato o, addirittura, accolto con favore dalle nazioni interessate. La ragione di questa differenza va ricercata nell'espansione ciclica del capitalismo.

Il primo ricorso alla forza coincise con l'avvento del caos sistemico che contrassegnò la fine del terzo ciclo di espansione e, di conseguenza, dell'egemonia britannica. Il secondo ricorso alla forza è una risposta al caos sistemico che è stato innescato dalla fine del quarto ciclo di espansione del capitalismo e dall'avvento del quinto, cioè la globalizzazione. Questo è il riflesso del tentativo americano di forgiare il nuovo ordine mondiale e di stabilire la propria egemonia sopra di esso. L'esteso e pacifico ampliamento della rete di basi americane tra queste due epoche rispecchiava invece il consolidamento dell'egemonia americana durante il quarto ciclo di espansione del capitalismo.

Allarme a livello mondiale
Il processo fu reso più semplice dall'assunzione da parte degli Stati Uniti del ruolo di stato amico e protettore durante la seconda guerra mondiale e la guerra fredda, e dal fatto che l'espansione del capitalismo che innescò la crescita degli Stati Uniti ebbe luogo nel quadro del sistema westfaliano degli stati-nazione. Di contro, l'espansione della potenza americana dopo l'11 settembre, soprattutto in Afghanistan, Pakistan e Iraq, rivela il palese disprezzo per la sovranità nazionale ed evidenzia l'intento di sostituire il sistema westfaliano con un impero americano costruito sulla supremazia militare e sulla costante minaccia del ricorso alla forza. Questo ha innescato un allarme a livello mondiale e ha costretto i paesi che in precedenza avevano accettato di ospitare le basi e l'egemonia militare americana a riconsiderare l'opportunità di continuare a ospitarle. Ha inoltre già spinto l'Arabia Saudita a chiedere agli Stati Uniti di chiudere le basi sul proprio territorio e convinto Francia, Germania e Belgio a rilanciare la proposta per la creazione di una forza difensiva europea al di fuori dell'ombrello della Nato. Ha inoltre allarmato i liberal americani non solo perché trovano ripugnante l'idea di un impero americano, ma anche perché questa strategia sta distruggendo l'egemonia creata, in modo prevalentemente pacifico, durante il «secolo americano».
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Chi è Prem Shankar Jha
Gli studi a Oxford, il lavoro all’Onu, poi il ritorno nell’«occhio del ciclone»
L’economista indiano Prem Shankar Jha, autore del saggio «Il caos prossimo venturo» che uscirà nelle librerie italiane nei prossimi giorni per Neri Pozza (traduzione di Andrea Grechi e Andrea Spilla, pp. 688, euro 25) è nato nel 1938 e ha studiato filosofia, politica ed economia a Oxford. Dopo avere lavorato dal 1961 al 1966 per le Nazioni Unite a New York, Jha è poi tornato in India, dove collabora come editor e giornalista alle pagine di diversi giornali, fra cui l’«Hindustan Times» e il «Times of India». È autore di numerosi saggi fra cui «India: A Political Economy of Stagnation» e «In the Eye of the Cyclone: The Crisis in Indian Democracy».

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Lupo Bruno a New York

Posted by Max on 09:42
Bruno è andato negli USA con (quasi) tutta la famiglia.
Scampato il pericolo di essere portato a Guantanamo direttamente e senza passare dal Via!, comincia a mandare notizie di sé. Eccole.

Caro Max,

la grande mela è ormai un ricordo: magnata e digerita, per dirla come voi veneti. In questo momento tu ti sei appena svegliato (da te sono circa le 9 del mattino) ma qui è da poco scoccata mezzanotte e abbiamo appena concluso la seconda notte a Las Vegas. Che città incredibile! Tutto è falso al 100% e tutto serve per indirizzare ricchi e poveri verso i casinò a giocare. I più fortunati (?) vanno avanti a botte da 100 dollari, i poveracci si rincoglioniscono alle slot-machine da 1 centesimo. Ho provato anch’io: ho messo dentro 3 dollari e dopo un’ora ne avevo vinti 30... ma che palle... l’unico divertimento è quello di schiacciare un bottone! Ai tavoli da poker, alla roulette o al black-jack neanche avvicinarsi: lì le puntate minime vanno da 25 dollari a 50.

Che dire? New York è davvero una grande città: in tutti i sensi. Il primo giorno lo passi a naso in su perché lo spettacolo dei grattacieli è davvero impressionante. Il secondo ti serve per imparare come funzionano i trasporti. Il terzo inizi a capire che solo per girare Manhattan ti servirebbero mesi: così te ne fai una ragione e ti concentri su poche cose. Per noi la salita sull’Empire State Building, il ponte di Brooklin ed il quartiere che una volta era la patria degli italo-americani, la Broadway e Times Square ed il giro sulla linea 7 della metropolitana: quella che dal centro di Manhattan arriva fino a Flushing Meadows e che è diventata famosa per “I guerrieri della notte”.

Ma la cosa più incredibile a NY sono le persone: al contrario di quello che si pensa (gruppi, bande e referenti sociali vari) non ce ne sono due uguali. Affacciarsi al finestrino e vedere le facce che scorrono sul marciapiede di una qualsiasi fermata della metropolitana è davvero impressionante: mi viene da ridere pensando che in Italia c’è chi parla di razza padana... a NY di “razze” ce ne sono mille e una e tutte ti scorrono davanti in ogni angolo della città. Certo, in quattro giorni mica puoi permetterti di aver fatto la radiografia sociale alla più grande metropoli del mondo... ma la sensazione che lì il mondo sia rappresentato in tutti i suoi colori è indiscutibile. Viverci, però, è un’altra cosa: i niuiorchesi sono davvero un popolo dalle abitudini barbare. Pensa che usano mangiare per strada mentre si spostano da un ufficio all’altro, o affollarsi sull’unico spicchio di verde esistente in città tipo vacanze a Rimini per noi.


Domani mattina ci sposteremo verso il Grand Canyon, dormiremo in un motel e poi termineremo il giro tornando a Mesa, a casa della “mamma” americana di Daniela. Quindi per un paio di giorni saremo irrintracciabili. Ci sentiamo domenica o lunedì. Per ora beccati queste due foto: la prima l’ho fatta durante la Gay parade che si è svolta a New York il 24 giugno. In prima fila, per dire, c’era lo striscione del consiglio comunale della città seguito dalle rappresentanze di tutte le confessioni religiose presenti in città, buddisti compresi, eccetto una. Indovina quale? La seconda è quella di un tipo che abbiamo beccato in Times square: uno spettacolo.

Ciao da tutti.

Bruno

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Relazioni pericolose

Posted by Max on 14:58
Italia: il Pil è alto e la ricchezza cresce
ma è bassissimo il benessere sociale

Un studio Cer per Spi-Cgil colloca il nostro Paese al 14° per prodotto lordo pro capite, ma siamo al 23° (su 24) in quanto al livello di vita. L'11% di poveri di R. AMATO

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Arezzo, oltre 500 lavoratori in nero

Maxi operazione della Guardia di Finanza: coinvolte cinque ditte del settore edilizio, 12 persone denunciate, frode fiscale per 44 milioni di euro

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Queste due notizie sono pubblicate oggi da Repubblica, e io - che rilevo un nesso - sono certamente un radicale, estremista, oltranzista, massimalista, comunista, terrorista...

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Panebianco... a fette

Posted by Max on 13:19
Incoccio nell'articolo di Panebianco sul Corriere online di oggi, intitolato "La vera sorpresa", che riguarda analisi su e proposte per Veltroni.

Ecco dove sbaglia Panebianco. Lui, come tanti altri in Italia, è convinto che nel centrosinistra si debba necessariamente andare a un regolamento di conti, che l'area di sinistra vada prima sconfitta in una battaglia interna per poi aggregarla regolarmente al momento del voto. Ma questo significa fare i conti senza l'oste.

In Italia (e anche all'estero, ma pur sempre con diritto di voto) esiste un congruo numero di persone che non accetta di farsi piegare ai soli fini elettorali, per poi vedere regolarmente negate le proprie ragioni al momento delle decisioni di governo. Questo è quello che ha fatto Prodi e non c'è dubbio sul fatto che il centrosinistra le prossime elezioni le perderà. Mi accorgo, parlando con tanti amici di sinistra, che non sono l'unico ad aver deciso che è ora di finirla col farsi strumentalizzare, e che alle prossime elezioni assumerà un atteggiamento punitivo non andando a votare.

La sinistra (senza aggettivi propagandistici tipo "massimalista" o "radicale", che fanno solo ridere), di cui io faccio orgogliosamente parte, ha abbastanza peso elettorale per affondare qualsiasi coalizione intenda utilizzarla per andare al governo per poi piegarsi esclusivamente alle "esigenze" della Confindustria, di Ratzinger, degli americani e, in generale, dell'autoconservazione della "classe dirigente".

Il sistema bipolare era nato con l'intento di creare, appunto, due poli: uno di tipo socialdemocratico e uno a valenza liberista. Da allora abbiamo assistito a uno spettacolo in cui il centrodestra pende drammaticamente a destra, mentre il centrosinistra viene trascinato per la collottola verso posizioni sempre più centriste. Tra l'altro con risultati meno che apprezzabili. Una destra che sostiene vecchi e nuovi furbetti, capitalisti finanziati dallo Stato (ma non si chiamava comunismo, una volta?), e un centrosinistra che sogna di diventare la nuova Dc. Ma la realtà è che l'Italia era e rimane il Paese che aveva il più forte partito comunista d'Occidente, e se alcuni si sono persi o annacquati per strada, esiste ancora - grazie al cielo - un numero non trascurabile di persone che non si sono svendute, o che più semplicemente continuano a ritenere - portafogli alla mano - che questa deriva centrista non abbia portato loro alcun beneficio.

È quanto accade anche in Germania con la formazione del Linke. Di fronte a questa "nuova" entità politica che raccoglie gli ex-comunisti dell'Est e i critici della svolta liberista della Sdp, a quest'ultima non rimane che un bivio: o la Große Koalition con la Cdu-Csu (ma quanto potrà durare?) oppure tornare a "dire e fare qualcosa di sinistra" alleandosi con Verdi e Linke. Altrimenti tanto Linke quanto Spd saranno condannati a rimanere per sempre all'opposizione.

Se la sinistra in Italia avesse le palle per seguire l'esempio tracciato dai Linke tedeschi... Peccato che nel panorama italiano non si veda emergere una figura dello spessore di Oskar Lafontaine, ma solo politicucoli abili esclusivamente a traccheggiare.

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Marco mi scrive su Marco

Posted by Max on 15:10
Ciao Massimo,

venerdì ho visto Annozero. Da un pò non lo seguivo perchè Santoro mi aveva stancato. La puntata era dedicata alle intercettazioni telefoniche di Fassino, Consorte, Dalema, etc.
C'erano in studio Castelli, Brutti liberati, Sansonetti ed altri.
Travaglio ospite fisso ha messo in fila con la consueta precisione tutti gli elementi a carico della "classe" politica. Ti riferisco solo il commento di Sansonetti, direttore di liberazione, in qualche modo ribadito da Brutti Liberati deputato DS.

In buona sostanza hanno detto "caro Travaglio, le cose che tu dici sono spesso vere e documentate ma il modo in cui le presenti consente alla generalità dei telespettatori (o alla maggior parte della gente, dico io) di fare 1+1 concludendo che tutti i politici sono come quelli che tu descrivi. Attenzione però perché se delegittimiamo la politica, a beneficiarne saranno sempre e comunque i poteri forti ed i più forti (i ricchi, i potenti etc.) La politica è al servizio dei più deboli e serve per temperare le disuguaglianze. Se ce ne sbarazziamo pagheremo un prezzo molto caro".

Ho fatto una sintesi molto brutale. Sansonetti ha anche detto che il potere dell'Economia capitalista non vede l'ora di approfittare di questi pertugi. Ma sai cosa ti dico? Dammi pure del comunista ma la penso come Snasonetti. Travaglio scherza con il fuoco. Quando ci si rivolge a tutti gli italiani bisogna usare un linguaggio adatto. Se ci si limita a sottolineare che tra i preti ci sono tanti pedofili si rischia di buttare fango addosso ad un'istuzione che non ha come scopo la pedofilia (altro esempio poco felice perchè apre un fronte doloroso ma sul quale credo che ci troveremo - io e te - ancora una volta d'accordo).

So che hai capito cosa voglio dire e quindi non vado per le lunghe.
Ciao
Marco


Io, come d'uso, gli rispondo.


Ciao Marco.
Non ho visto la puntata in questione ma conosco lo stile di Travaglio. Come sai, su questo punto dissento da te ma ammetto che la tua posizione non mi stupisce, convinto come sono che ormai in Italia viviate sotto una campana di vetro nella quale si è perso il senso delle cose e della misura.

Adesso ti racconto questo aneddoto, che mi ha raccontato a sua volta un mio amico giornalista che lavora a L'Arena di Verona. Ultime elezioni. Un consigliere comunale si candida alle elezioni... in un altro comune. È una cosa esplicitamente vietata. Se sei consigliere in un comune non puoi candidarti e farti eleggere in un altro comune. Il giornale lo viene a sapere e pubblica la notizia. Il tizio si presenta e batte i pugni: "cosa c'entra se è vietato o meno, voi non dovevate dare la notizia". Capisci, Marco? Questa tiritera, mi raccontano, accade su basi regolari, è prassi diffusissima.

Del resto, che i responsabili dei fallimenti di Cirio e Parmalat non stiano in galera, che abbiamo condannati in via definitiva in parlamento, che l'evasione fiscale abbia raggiunto i livelli che conosciamo, che si mandino fuori 30mila delinquenti per salvare un paio di parlamentari, che non si riesca a difendere la laicità dello Stato, che non si difendano i diritti basilari di giovani e pensionati, che la "destra" permetta agli americani di rapire gente sul nostro territorio e che sia la "sinistra" a imporre il segreto di stato ai magistrati, questo secondo te non significa che siamo già in balìa dei cosiddetti poteri forti a prescindere da etichette di facciata?

Se vedi un padre di famiglia che assassina un altro uomo, faresti a meno di denunciarlo per evitare che i figli rimangano senza il papà? E se lo denunci e lui va in galera e un giorno i suoi figli bussano alla tua porta e ti accusano di aver fatto loro passare l'infanzia senza il papà, non diresti loro che ha commesso un crimine, che era tuo dovere di buon cittadino denunciarlo, che per quanto ti dispiaccia la responsabilitá è di chi ha commesso un omicidio e non tua che lo hai denunciato?

Vieni a vivere all'estero per un paio d'anni, Marco, e poi ti renderai conto di quanto vi hanno ipnotizzati.
Ciao.
Massimo

A corredo, visto che capita proprio a fagiolo, il relativo articolo di D'Avanzo uscito oggi su Repubblica, dal titolo La sindrome del trasformismo.

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scomode verità

Posted by Max on 13:09
torno a scrivere, dopo quasi un anno in cui ho dovuto, mio malgrado, occuparmi di cose che mi hanno messo in una condizione di tensione, di mancanza di serenità. ho approfittato di questa lunga pausa anche per cercare di capire una cosa. da qualche parte, infatti, era stato adombrato il sospetto che io mi lanciassi come un ariete, con aggressività, contro certe cose per una forma di sofferenza personale slegata dagli avvenimenti o dalle strutture e istituzioni a cui mi riferivo.
credo che a distanza di un anno, guardando quello che accade, la risposta sia chiara, ovvero: non è un cazzo vero. ho scritto, e probabilmente scriverò ancora, da incazzato duro per motivi che ritengo assolutamente fondati. mi incazzo perché sono scandalizzato, perché non si può tacere avvallando e avvallare tacendo. per dirla con don milani: "obbedire non è più una virtù"!

è il male tutto italiano col quale non riesco più a convivere, e che mi impedisce di pensare seriamente a ritornare. la gente non si scandalizza più, e se lo fa evita di dirlo, di dimostrarlo. per paura di ripercussioni negative, per rassegnazione, perché così fan tutti, perché se lo fai ti danno del radicale, estremista, terrorista (nientemeno). perché "fa brutto". a coloro che mi dicono che bisogna cercare di far quel che si può, che non si può buttare via il bambino con l'acqua sporca, devo chiedere: e il bambino quale sarebbe?

ieri i media riportavano un dato agghiacciante: nell'84 l'evasione fiscale su scala nazionale ammontava a un paio di decine di miliardi di euro. vent'anni più tardi l'evasione ha raggiunto i 240 miliardi di euro. finita la stagione del terrorismo, in questi vent'anni le cose si sono messo meglio o peggio?

secondo me, peggio e non solo per colpa del nano che altri non è se non la massima espressione di un modo di pensare tanto odioso e irresponsabile quanto dannoso per tutto il paese. lui è la quintessenza del malcostume italiano che è tanto più pericoloso quanto "moderato". il moderato non va a scippare la pensionata per avere 200 euro in più alla fine del mese. si "limita" a non pagare le tasse. poi pretende la strada bene asfaltata (dal comune, con i soldi pubblici ovvero con le tasse che lui non ha pagato). il moderato, questo gran figlio di puttana, vota contro la procreazione assistita ed è contro l'aborto terapeutico. se necessario, tanto, lui piglia l'aereo e va a farsi fare il servizio all'estero. il moderato di merda prima firma il programma dell'unione che comprende i pacs, ma una volta vinte le elezioni dice che hanno ragione i vescovi e sabota pure i dico. il moderato del cazzo si entusiasma per la manifestazione pacifista di roma che è uno schiaffo alla politica militarista e filo-americana di berlusconi, poi vince le elezioni e aumenta le spese militari come nessun altro prima di lui, acconsente all'ampliamento della base americana di vicenza, manda più truppe e armi d'attacco in afghanistan. il moderato bacchetta la gioventù che rimane in casa dei genitori troppo a lungo, che non crede più nella famiglia, che non fa figli, però poi gli sta bene la legge 30 che mette un esercito di giovani (e meno giovani) nella condizione di prendere salari da fame e senza neppure alcuna certezza sulla continuità del lavoro, perché questo gli permette di "risparmiare" sul costo della produzione. con quello che risparmia, poi, si compra la porsche invece di investire in innovazione. il moderato, di fronte a chi lo critica, ti guarda con l'occhio lesso da arrogante e, da dietro il baffo o meglio il baffino, ti dice: bisogna essere realisti, certe cose non si possono fare. ma allora, che ti venga un cancro, me lo dici prima delle elezioni.

ieri ho visto, tardi lo so ma meglio tardi che mai, il film di al gore "la verità scomoda". come si sa, il film parla del riscaldamento globale per cercare di sensibilizzare la gente. esiste una somiglianza palese tra la preoccupazione per l'ambiente e quello per la legalità e la giustizia in italia: in entrambi i casi, mettere la testa sotto la sabbia pensando che siano solo balle, che alla fine ce la caveremo lo stesso, che intanto basta che stiamo bene (o decentemente) la mia famiglia e io e degli altri chi se ne frega... tutte queste scuse non bastano più, non ci salvano. sul fronte dell'ambiente c'è stato el niño, non abbiamo fatto abbastanza e abbiamo poi avuto new orleans. il peggio deve ancora venire. per fine secolo ci aspetta la scomparsa di grandi città, inghiottite dalle acque. venezia tra queste, giusto per guardare in casa nostra. mancherà l'acqua al 40 per cento della popolazione mondiale, buona parte d'italia inclusa.

sul fronte dell'italia, se non riusciamo più a indignarci e a pretendere il cambiamento, l'evasione che è salita da 20 a 200 miliardi di euro salirà ancora e, alla fine, lo stato si dissolverà. come, è difficile da prevedere. ma di certo uno stato che si permette di offrire 570mila auto blu a una pletora di portaborse laddove stati come la francia o la germania (più ricchi e popolosi di noi) ne usano dieci volte di meno... non ha vita lunga. ma una dirigenza che non sia in grado di correggere questo andazzo e un popolo che non lo reclami e non lo imponga, forse non hanno neppure il diritto di essere entità nazionale.

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